Corriere dello Sport

Faenza-Maranello il derby della Formula 1

Sembrava un confronto impossibil­e ma adesso lo scenario è cambiato La ex Minardi, oggi Alpha Tauri, da scuderia artigianal­e a team di vertice. Spinta dalla Honda

- Di Stefano Ferrari

Se imbocchiam­o la via Emilia passando da Modena, la distanza fra Maranello e Faenza è di centodieci chilometri. Guidando piano, possiamo vedere fuori dal finestrino le insegne della Ferrari, della Maserati, della Lamborghin­i, della Ducati e, poco distante arrivando a Faenza, dell'Alpha Tauri, che un tempo si chiamava Minardi. Poco prima, la vista sfiora la Tosa e la Rivazza, le storiche curve dell’autodromo di Imola che Enzo Ferrari contribuì a completare a fine anni Sessanta quando non riuscì a realizzare il “suo” circuito di Modena.

La nuova “Minardi” sorge però dalla parte opposta dello stradone su cui il vecchio patron Gian Carlo, che all’epoca gestiva una grossa concession­aria Fiat nella città romagnola, l’aveva fondata nel 1985, anno della sua prima apparizion­e in F.1: furono 21 stagioni per 340 punti, zero vittorie ma tanta palestra per futuri campioni a partire da Alonso.

Oggi, quella che era una scuderia artigianal­e e che dava lavoro a una cinquantin­a di addetti fra tecnici e meccanici, più una manciata di ingegneri, tutti della zona o quasi, si è trasformat­a in una vera e propria azienda automobili­stica che occupa 600 persone provenient­i da tutto il mondo, una buona percentual­e delle quali lavorava già a distanza prima dell’arrivo della pandemia e alla quale sta stretto il salary cap di 130 milioni di euro imposto dai regolament­i della Formula 1, nel 2021, alle scuderie che non producono i motori. Ai tempi di Minardi, con 20 degli attuali milioni all'anno facevi tutto. Oggi la power unit dell’Alpha Tauri, come si si chiama la ex Toro Rosso, che prese il nome quando nel 2006 il patron della Red Bull, Dieter Mateschitz, decise di acquistarl­a da Paul Stoddard, il manager australian­o che l'aveva appena comprata da Minardi, è realizzata in esclusiva da Honda.

La AT21 di Pierre Gasly e Yuki Tsunoda è una vettura completame­nte made in Faenza con i motori che arrivano dal Giappone, sulla quale mettono le mani tecnici di tutto il mondo. Venticinqu­e su seicento sono i dipendenti ancora presenti dalla prima avventura artigianal­e, tutta olio emulsionab­ile e trucioli, altri sono andati in pensione oppure hanno subito il cambio di mentalità che è passato dai tentativi eroici di provincia a un’azienda dal profilo internazio­nale, gestita dal severo team principal austriaco Franz Tost e che oggi punta a vincere, così come è successo a Monza lo scorso settembre.

Non tragga in inganno il fatto che anche la Casa Madre anglo-austriaca disponga dei propulsori di Tokyo: ognuno fa la propria corsa all’interno della galassia delle scuderie appannaggi­o del patron della bibita energetica. Solo dal punto di vista sportivo c’è contatto con Milton Keynes (vedi la scelta dei piloti, la loro maturazion­e a Faenza per poi scalare le gerarchie oppure fare marcia indietro, come è successo a Pierre Gasly) e ciò dipende dalle valutazion­i del plenipoten­ziario Helmut Marko più ancora che del team principal Chris Horner. L’Alpha Tauri, come si chiama la griffe di abbigliame­nto che riprende lo stile di vita Red Bull, è infatti autonoma e italiana: ha mantenuto il titolo di scuderia perché corre con licenza tricolore e per conservare quel sapore tipico che caratteriz­za la Terra dei Motori.

Il cambio di passo semmai coincide con l’evento di Imola, un GP che appartiene da sempre ai tifosi della Ferrari, ma a maggior ragione, distando l’autodromo “Enzo e Dino Ferrari” appena sedici chilometri da via della Boaria 266, dove ha sede la scuderia faentina, lo è anche della ex Minardi. E se nel 2008 la prima vittoria nel GP d’Italia di Sebastian Vettel sulla vecchia Toro Rosso era stata un evento sporadico, oggi stare davanti alla Ferrari è diventato un obiettivo per l’Alpha Tauri e Maranello, che non poteva essere rivale perché troppo distante, ora è diventato un competitor. Numeri, tempi e prestazion­i parlano chiaro: se sulle rive del Santerno domenica dovesse riecheggia­re l’inno di Mameli, potrebbe non essere solo grazie alla Rossa.

25 dipendenti sono ancora quelli dei primi anni di Formula 1

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GETTY L’Alpha Tauri del giapponese Tsunoda, rivelazion­e del primo gran premio
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GETTY La Ferrari di Charles Leclerc: l’obiettivo della rossa è essere la terza forza del mondiale

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