Corriere dello Sport

Zeman: Italia da titolo, Marco e Insigne numeri uno

UN POMERIGGIO A NAPOLI PER IL VECCHIO MAESTRO

- Di Antonio Giordano

NAPOLI - Dentro il mondo di Zeman, che porta in sé cinquant’anni di calcio, c’è un amore trasversal­e che esplode, prepotente, con la Napoli che l’ha conosciuto e lo rimpiange ed una generazion­e invece ignara di cosa sia stato quel tempo, ma che applaude egualmente, per sentito dire, perché qualcuno gliene ha parlato. In un pomeriggio che sa d’aria pura, tra le mura dello Scugnizzo liberato, un ex carcere minorile divenuto uno spazio sociale, Zeman s’accorge che certi amori non finiscono mai e non hanno neppure bisogno di fare giri immensi, perché sono ancora lì, scolpiti nella memoria di chi non dimentica quell’esonero bruciante: «Mister, io ero uno di quelli che crearono lo striscione: vittima di uno squallido teatrino».

C’è una Napoli che se n’è potuta “appropriar­e” per poco, sei partite appena, perché i sogni durano niente («Mi sarebbe piaciuto fare qualcosa, non mi fu permesso. Quella squadra non era da retrocessi­one») e ora c’è una parte di Napoli che l’ascolta rapita per sentire ancora l’effetto che fa: «L’Italia per me può vincere gli Europei. Hanno meriti conquistat­i con il gioco e con la qualità. E poi Mancini non tradisce se stesso e la sua cultura da calciatore: giocare per divertire».

Dici Italia e pensi subito, quasi meccanicam­ente, a Verratti, Insigne e Immobile, i tre tenori che sono dentro una Nazionale che un po’, in quale modo, gli appartiene, almeno geneticame­nte. «Non so quanto io abbia dato a loro, forse sì, qualcosa. Ma erano bravi da giovani e lo sono di più adesso. Insigne

lo vidi al Viareggio con Pavone, il Napoli poi lo mandò alla Cavese, dove giocò poco, e così lo portai prima a Foggia e poi a Pescara. Dove c’era già Verratti e prendemmo Immobile, che aveva segnato poco. Ragazzi straordina­ri, con una voglia di imparare e di imporsi. Per me Lorenzo che spero resti a Napoli - è il più forte calciatore italiano. E se in Francia dicono da un bel po’ che Verratti è il miglior centrocamp­ista della Ligue 1 hanno ragione. E Ciro è stato fantastico, ha lavorato per crescere, altri potevano avere mezzi tecnici e fisici superiori e lui li ha superati con la serietà e la dedizione».

Ora che il calcio tornerà ad essere dei tifosi («Senza di loro non è divertente»), ci sarà spazio anche per provare i brividi di una sfida a distanza ma ravvicinat­a tra Mourinho e Sarri: «E sarà bella per entrambi. Io mi auguro che facciano bene tutti anche se dei due solo uno potrà vincere. E Roma è una piazza difficile». Ma ci sarà il Napoli di Spalletti che attirerà curiosità intorno a sé: «E’ bravo, lo ha detto il campo, al quale come sempre passa poi la parola. E però in passato ha avuto qualche problema caratteria­li con calciatori importanti». Per esempio con Totti, il suo “terzo figlio”, «il più bravo con Baggio e Rivera di quelli che ho visto».

Ma starà per cominciare, si spera, un anno nuovo, con stadi che torneranno all’antica ed allenatori emergenti che sanno anche di Zeman: «Italiano dice che mi prende a modello e sono fiero. Se andasse alla Fiorentina, come sembra, sarebbe interessan­te seguirlo, anche se penso sia più complicato convincere i giocatori viola, rispetto a quelli dello Spezia, a fare ciò che lui chiederà loro».

Le voci dell’innocenza, poi, nel loro candore, sanno essere anche maliziose e un bambino ci prova: «Scusi, Zeman, ma preferisce più Verratti o Jorginho come regista?». Un sorriso largo e un concetto che guarda all’infinito: «Io sono di parte, scelgo Marco, però anche Jorginho è un gran bel calciatore». Perché non si dica che sia divisivo.

«Anche Immobile è fantastico: serietà e dedizione sono state le sue armi»

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MOSCA Zdenek Zeman, 74 anni

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