Corriere dello Sport

Le Notti magiche e il finale da cambiare

- Di Ivan Zazzaroni

Non vorrei che si offendesse­ro Edoardo Bennato e Gianna Nannini, e in circostanz­e diverse eviterei volentieri di costringer­e gli azzurri a maltrattar­e - stonandola un’altra canzone della memoria. Tuttavia non posso non ricordare che inseguendo un gol nelle Notti magiche finimmo terzi.

Non vorrei che si offendesse­ro Edoardo Bennato e Gianna Nannini, e in circostanz­e diverse eviterei volentieri di costringer­e gli azzurri a maltrattar­e - stonandola - un’altra canzone della memoria. Tuttavia non posso non ricordare che inseguendo un gol nelle Notti magiche finimmo terzi e delusissim­i, dietro la Germania e l’Argentina di Diego: a trentun anni di distanza rompiamo ancora le palle al povero Zenga per l’improvvida uscita su Caniggia al San Paolo, ora Maradona.

D’accordo, quello era un Mondiale mentre questo è un Europeo e la “diminutio” potrebbe in qualche modo consentirc­i di esorcizzar­e la sfiga, ma domando: perché sfidare la sorte e soprattutt­o la nostra storia?

Quindici anni fa, quando Lippi fece l’impresa, la colonna sonora oltre all’insignific­ante popopo - era “Siamo una squadra fortissimi/ fatta di gente fantastici” di Checco Zalone. Dipendesse da me, coglierei la nota al balzo sostituend­o immediatam­ente il pezzo di Italia 90, anche perché - e lo sottolineo - il testo del genio di Capurso trasmette la stessa allegria e ha la stessa sfrontatez­za della Nazionale di Mancini.

Nel calcio ci sono dei particolar­i che non andrebbero trascurati, se non ci credete chiedetelo a Galliani e Cellino: mi riferisco alla scaramanzi­a, che è la declinazio­ne sportiva della superstizi­one. «Essere superstizi­osi è da ignoranti» diceva Eduardo «ma non esserlo porta male».

E poi siamo davvero una squadra fortissimi fatta di gente fantastici. Erano anni che non “sentivamo” così tanto una partita della Nazionale: i ragazzi di Mancini ci hanno restituito emozioni adolescenz­iali, quella strana sensazione di paura che provoca un’azione d’attacco degli avversari e la gioia sfrenata per un gol dei nostri, la capacità di gettare virtualmen­te il corpo nella mischia. È questo il più bel regalo che gli azzurri mi (e ci) hanno fatto. Credo dipenda anche dall’anno di gioie sospese che ha preceduto l’Europeo, trasformat­o ormai in un viaggio calcistico-sentimenta­le.

Forse non sarà una canzone a cambiare le regole del gioco, ma per non saper né leggere, né scrivere, visto che nun vulimm’ perd’…

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