De Laurentiis Un uomo solo al comando
È stato lui a scegliere Spalletti e con il tecnico ridisegna il Napoli Con Giuntoli la distanza è siderale
Come in una pellicola degli anni ‘70, tra nuvole di fumo e profili da cabaret, senza l’aria vagamente (?) caricaturale da Tino Scotti, Adl ha scelto di reinterpretare se stesso per sistemarsi dominante sul palcoscenico d’un Napoli ch’è tutto per lui: «Ghe pensi mi». La situazione è grave ma non seria, avrebbe detto Flaiano, con quei centocinquantasei milioni di euro d’ingaggio che rappresentano la memoria d’un vissuto sgargiante ma pure un peso che rischia di soffocare. In cassa, ormai da due anni, sono evaporati i diritti della Champions League, un «cadeau» da un paio di centinaia di milioni di euro che avrebbe cambiato la vita, e gli sfarzosi stipendi del biennio che sta alle spalle hanno eroso un tesoretto che rischia di trasformarsi in un rimpianto: il benessere rimane, eredità di una gestione da bilancio con il bollino verde, ma il Covid ha spiegato che il confine tra un’esistenza gioiosa e una (assai) pensierosa è terribilmente friabile. E per evitare che anche i ricchi piangano, o perlomeno non diventino degli ex, è sceso in campo. Ma a tutto campo.
IL MERCATO. È da gennaio scorso, la sera di Verona-Napoli, che tra Adl e Giuntoli c’è una distanza siderale irrecuperabile e il contratto da un milione e duecentomila euro (fino al 2024) del direttore sportivo è l’ultimo laccio, però tutt’altro che esile, a tenerli uniti. Il mercato è sostanzialmente ispirato da via XXIV Maggio, a Roma, dove una volta si allestivano cinepanettoni e adesso si costruisce un’idea che possa fronteggiare questa crisi che comporterà sacrifici a cui De Laurentiis ha già indirizzato: «Forse non basterà cedere soltanto un calciatore tra quelli importanti». La filosofia attuale prevede un taglio agli stipendi e uno pure all’organico, ritocchini verso il basso che siano utili per rifare il lifting al conto in banca o per prevenire un’emorragia altrimenti inquietante.
SI CAMBIA. L’uomo solo al comando, che in realtà ha sempre al suo fianco Andrea Chiavelli, l’amministratore delegato fedele nei secoli, sta provvedendo a una rivoluzione silenziosa che sostanzialmente rappresenta la fotografia d’uno stato d’animo che assorbe in una centralità praticamente assoluta il cosiddetto «progetto»: il direttore amministrativo, Antonio Saracino, è andato in scadenza di contratto e ha salutato; ma anche a bordo campo si sono registrati avvicendamenti e il ritorno a nove anni di distanza di Giuseppe Santoro, lo scopritore di Insigne, divenuto il team manager al posto di Matteo Scala, è l’ennesimo segnale di una restaurazione che non è di facciata.
FACCIO IO. Il self-made man ch’è in Adl è esploso recentemente, in maniera dirompente, in questo restyling in cui ogni orientamento è stato avocato a sé: l’allenatore, come consuetudine, è stato scelto direttamente dal presidente - evitando accuratamente il confronto con Giuntoli - ma pure le strategie più ampie sono state influenzate dall’alto e il desiderio di prodursi in proprio la divisa sociale ha alimentato un contraddittorio interno anche con Alessandro Formisano, il capo dell’area marketing e l’«head of operation».
L’ETA’ DELL’ORO. In questo calcio che soffre («il sistema è sotto di un miliardo e mezzo»), l’interventismo di Adl in qualsiasi settore - tecnico, tattico, economico, finanziario, mediatico, commerciale - ha persino allargato gli orizzonti assai limitati di quella sua frase quasi profetica di luglio 2018, in una Dimaro-Folgarida abbagliata dal sogno di ritrovarsi abbracciata di nuovo al suo Matador. «Sarò io il vostro Cavani». S’era tenuto semplicemente basso.
L’interventismo aureliano in ogni settore: sì al rilancio ma con tagli certi
Il fidato Chiavelli resta al suo fianco Il nuovo team manager è Santoro