Pogacar fa terra bruciata e lancia la fuga per Tokyo
Erano partiti in 184, sono 165. La nona tappa all’australiano O’Connor Lo sloveno aumenta il distacco. Ieri cinque ritiri tra cui Roglic e Van der Poel che puntano all’Olimpiade
Per i francesi ci sono gli estremi di una lesa maestà ai danni del Tour de France. Quello che doveva essere uno scontro tra titani, con un percorso disegnato per propiziare spettacolo e incertezza, si sta rivelando un’edizione dal finale scritto anzitempo e costellata da ritiri eccellenti. La Grande Boucle è in balia di una morsa stretta dal dominio di Pogacar e dalla vicinanza dell’appuntamento olimpico, senza contare le molteplici cadute che nella prima settimana hanno falcidiato il gruppo.
Più che rimescolare le carte, il doppio appuntamento alpino inoltre ha consacrato sentenze già emesse e svuotato ulteriormente quello che un tempo era un “parterre de roi”.
Di fronte alla pioggia, al freddo e alle fatiche del primo arrivo in salita a Tignes ieri hanno preferito salutare altri due pezzi da novanta come l’ex favorito Roglic e l’ex maglia gialla Van der Poel. Lo sloveno non ha più recuperato dal tonfo di Pontivy e ha ammesso: «Non ha senso continuare così. Speravo di stare meglio invece con il passare dei giorni non ci sono segnali di recupero. Adesso devo puntare tutto sull'Olimpiade».
Dopo sei giorni da leader il campione olandese ha una scusante simile visto che a Tokyo punterà all’oro nella mountain bike. «Devo recuperare al meglio prima di volare in Giappone. Arrivare a Parigi avrebbe pregiudicato il raggiungimento del prossimo obiettivo».
Una strada che presto potrebbe essere seguita da Nibali (uscito di classifica a Le Grand-Bornand e ieri attardato di altri 26’), Van Aert, Porte, Valverde e dall’enclave colombiana, su tutti Uran e Miguel Angel Lopez. A un passo dall’addio anche Geraint Thomas, alle prese con acciacchi fisici e un ritardo siderale.
Dopo aver chiuso la pratica Grande Boucle, all’oro olimpico punterà anche il pigliatutto Tadej Pogacar, capace ieri di rinsaldare ancora il primato - a scanso di equivoci, semmai ce ne fosse davvero bisogno - nella tappa vinta dall’australiano Ben O'Connor. Sull’ultima salita Carapaz ha provato a pungere lo sloveno, che ha risposto con l’ennesima prova di forza da padrone vero, rifilandogli un altro mezzo minuto e arrivando davanti a tutti gli “immediati” inseguitori in classifica. Il fenomeno ventiduenne della Uae Emirates ha già messo tutti in fuga, tra ritiri eccellenti e strategie abortite proprio a causa della sua incontestabile supremazia. A un certo punto, a causa del vantaggio della fuga, sembrava potesse lasciare la maglia gialla allo stesso O’Connor, ma a quanto pare agli avversari non toccheranno nemmeno le briciole. «Il primato va difeso sempre - ha chiarito Pogacar - Mi preoccupa il caldo che troveremo nei prossimi giorni, ma finché le gambe risponderanno così non penserò affatto di mettermi sulla difensiva». Il veneto Formolo del suo compagno di squadra ha detto: «Non ho mai visto uno così forte. Impressionante».
Rispetto ai 184 partenti i sopravvissuti sono 165. Ieri in sei sono addirittura arrivati fuori tempo massimo: Demare, Guarnieri, Vliegen, Coquard, De Bod, Delaplace e Dlamini. Si sono ritirati anche Merlier, Peters e De Buyst mentre per pochi secondi l’hanno scampata Campenaerts, Jansen e Van Avermaet. Salvo anche Cavendish, che ha conservato la maglia verde e si è buttato tra le braccia dei compagni di squadra in segno di riconoscimento. Una diaspora a tutti gli effetti, fatta salva la reazione d’orgoglio di Cattaneo (2°) e Colbrelli (3°). Il lombardo della Deceuninck è la sorpresa azzurra. Al suo primo Tour in carriera è il migliore degli italiani (12° a 11’38”): «Per me tutto questo vale tanto, non mi sento affatto il primo dei perdenti. Continuerò a lottare, il grande sogno rimane una vittoria di tappa». Sempre che Pogacar accetti di buon grado, altrimenti bisognerà accontentarsi dei piazzamenti o del podio. La top ten della classifica, al primo giorno di riposo, è una voragine enorme. Tra lo sloveno e il francese Gaudu (10°) ci sono ben 7’22’’. Per trovare un gap così vistoso bisogna tornare al 2004, ai tempi bui del cancellato Lance Armstrong.
E sei corridori vanno fuori tempo massimo Cattaneo, migliore degli italiani