Sarebbe bello se Tokyo 2021 annunciasse come Roma ’60 la fine della guerra al Covid
Il Giappone è inquieto ma non rinuncia alle Olimpiadi portatrici di un eterno messaggio di pace. Questa volta non ci sono eserciti e bombe ma una peste che ha già fatto milioni di morti
Caro Cucci, ricordo la battaglia che lei e il giornale avete sostenuto perché il calcio non fosse spento e il campionato continuasse. All'inizio non ero d'accordo, come il ministro Spada fora, come certi presidenti di club pericolanti. Il risultato dell'impresa vi ha dato ragione, parlo più del fatto sportivo,agonistico, del divertimento che comunque ci è stato offerto mentre ero convinto che si volessero difendere più i contenuti economici. Tanto vale per l'Europeo, da tanti osteggiato per i soliti motivi e soprattutto perché “girava” per l'Europa come possibile creato redi focolai. È stato bello, abbiamo vinto, che dire? Ma adesso non crede che con le Olimpiadi si stia esagerando? Quella del Cioè una forzatura spinta dal business, enormi cifre a rischio. Si sente di difendere anche i Giochi?
Con quello che sta succedendo - il contagio dilaga e c’è la minaccia di un nuovo lockdown - mi ero mentalmente schierato fra gli oppositori di Tokyo 2020. Un momento di debolezza. Poi mi sono ricreduto. Ho difeso sempre i Giochi. Da quando Roma Sessanta fece capire a tutti che la Pace era matura, realizzata e la Capitale riassumeva un’immagine mondiale dopo le vergogne di una guerra a due facce, dopo rovine e tragedie che ormai facevano dire a tutti, in tutto il mondo, “Povera Italia”, cinicamente più che per solidarietà con il Bel Paese ferito.
L’Italia sconfitta non aveva diritto di organizzarla, Giulio Onesti e alcuni governanti, a partire da Andreotti, seppero ottenere il via libera dai vincitori e il risultato - i grandi Giochi dal volto umano - gli diedero ragione. Avevo vent’anni, da allora ho sempre difeso i Giochi. Nel ‘72, quando la strage di Monaco spinse tanti a chiedere di sospenderli, dando così una medaglia ai terroristi palestinesi. Nell’80, quando la guerra fredda tentò di contaminare l’Olimpiade di Mosca e fu disertata dagli americani schierati contro i sovietici, e invece fu l’alba della libertà per l’Urss e il suo impero.
Ricordo che in un viaggio di ritorno a Mosca (lavoravo così, sempre, tornando in Italia e ripartendo per non lasciare troppo solo… il giornale) feci scalo a Kiev ed ebbi dagli ucraini un’accoglienza da… liberatore, c’era gente che invocava attenzione, “scrivi scrivi che vogliamo la libertà” - mi dicevano - e nessuno veniva punito: l’ordine politico era chiudere un occhio per non provocare speculazioni, come a Mosca dove ci muovevamo in un clima di incredibile libertà. Che Breznev e compagni pagarono cara.
Difesi ovviamente anche Los Angeles ‘84, Giochi felici per lo sport italiano immortalati dal sorriso di Gabriella Dorio. E fu Pechino 2008. Un giornale che ritenevo intelligente, diretto da un politico che ritenevo intelligente, mi propose di raccontarli… sportivamente (ero in Cina per la Rai) mentre a uno sbarbato affidava il commento politico, naturalmente contrario ai Giochi perché… comunisti. Rifiutai e vissi con gioia e orgoglio le Olimpiadi del Pianeta GialloRosso. Avevo visitato la Cina - Pechino, Shangai e Canton - nel 1981 ed ero in grado, più di tanti altri, di raccontarne la rinascita e il progressivo ridimensionamento del comunismo. Fino a scoprire che quella bandiera rossa che continuava a sventolare imperterrita, giorno e notte, anche senza vento, sul palazzo del governo, lo Zhongnanhai, era agitata da un ventilatore. Tokyo - che nel ‘64 aveva organizzato Giochi bellissimi - ha il diritto/dovere di portare fino in fondo la trentaduesima edizione dei Giochi: anche senza pubblico, anche con il rischio di doverli sospendere per il Covid che mostra di non volersi arrendere.
Se Tokyo il 5 agosto potrà offrire una maratona spettacolare e emozionante simile a quella di Roma ‘60 (quando fummo folgorati dalla povera grandezza di Abebe Bikila) come Roma annuncerà al mondo l’uscita da una guerra. Anche se il Coronavirus è più feroce e difficile a sconfiggere. I morti civili italiani del Covid hanno già superato quelli della seconda Guerra Mondiale. Dobbiamo combattere tutti. Con la prudenza e il vaccino, naturalmente. Costi quel che costi.