Corriere dello Sport

È un mercato a saldo zero

- di Ettore Intorcia

Il tempo è denaro, ripetono da sempre gli attendisti del calciomerc­ato, cacciatori di saldi convinti di poter strappare un prezzo migliore tirandola per le lunghe e comunque sicuri di risparmiar­e un paio di stipendi comprando a fine agosto.

Il tempo è denaro, ripetono da sempre gli attendisti del calciomerc­ato, cacciatori di saldi convinti di poter strappare un prezzo migliore tirandola per le lunghe e comunque sicuri di risparmiar­e un paio di stipendi comprando a fine agosto. Poi ci sono gli altri, i forzati del saldo: vorrebbero anche sbrigarsi, ma devono inchinarsi al nuovo parametro chiave, la differenza tra quanto incassato dalle cessioni e quanto speso per i nuovi acquisti. All’Inter, per esempio, l’obiettivo dichiarato è chiudere questa sessione di mercato a +80 milioni di euro, tagliando anche il monte stipendi del 15%. Altre big magari sono meno esplicite sui numeri ma il succo della questione è lo stesso: si spende in base a quanto entra in cassa, senza mai perdere di vista altri parametri come l’indice di liquidità e la nuova norma contro le spese folli. Una misura che impedisce di aumentare il monte ingaggi rispetto al 30 giugno 2021: stop ai nuovi tesseramen­ti finché non ci saranno cessioni, a meno che il club non copra quella differenza con una fideiussio­ne.

Fino alla stagione 2020-21 interrotta dal Covid, la Serie A aveva visto impennarsi la curva delle spese di mercato dai 405,68 milioni di euro del 2014-15 fino alla cifra record di 1,29 miliardi di euro a gennaio 2020, prima che il mondo intorno a noi cambiasse. Quella crescita può essere analizzata anche attraverso il saldo, per restare in argomento. Un anno prima che il boom iniziasse, la Serie A aveva chiuso acquisti per 563,83 milioni di euro, tutti però coperti dalle cessioni che avevano fruttato anche un piccolo segno più di circa due milioni di euro. Poi è iniziata l’escalation: nel 2014-15 il saldo era di -23,26 milioni, nell’anno del record si chiuse a -320,88 milioni. In sei anni i nostri club sono passati dallo spendere il 5% in più di quanto incassato all’esporsi fino al 25% del valore delle cessioni. Oggi, con 43 giorni di sessione ancora a disposizio­ne, la Serie A è seconda per volume di affari solo alla Premier (305,05 milioni contro 261,24) che spende però il doppio di quanto incassa e ha un saldo negativo superiore al nostro moltiplica­to per dieci. A proposito: il nostro è di -14,29 milioni, in media neanche un milione di rosso per le nostre venti di A.

In questo mercato a saldo zero, tra le big si distingue la posizione del Milan che a quell’equazione tempo uguale denaro ha dato un nuovo senso: con Donnarumma e Calhanoglu, a prescinder­e dalle valutazion­i tecniche ed economiche, ha fatto una scelta e l’ha fatta per tempo. Non ha incassato ma almeno non è rimasto in sospeso.

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