Corriere dello Sport

Inter, Simone sfida l’ombra di Conte e i mostri della panchina

Petagna o Scamacca nel mirino per il ruolo di vice Lukaku I nerazzurri apriranno il campionato il 21 agosto alle 18.30

- di Andrea Ramazzotti

Le difficoltà di Suning non lo turbano, ha già marcato la distanza con lo stile di Conte, è ambizioso e non intende nasconders­i

Il suo metodo: meno chilometri e più ragionamen­to con la palla tra i piedi

Simone Inzaghi è pronto a lanciare la sua sfida alle quattro stelle della panchina (Allegri, Mourinho, Sarri e Spalletti) che tornano in Serie A. L'obiettivo è chiaro: conquistar­e lo scudetto che per l'Inter sarebbe quello della seconda stella, da cucire con orgoglio sulla maglia. L'ex tecnico della Lazio, tra coloro che sono al volante di una delle 7 “sorelle”, è il più giovane: con i suoi 45 anni ha alle spalle meno stagioni alla guida di uno spogliatoi­o rispetto a Gasperini (63 anni), Sarri (62), Spalletti (62), Mourinho (58), Pioli (55) e Allegri (53). In più deve fare i conti sia con la scomoda eredità di Conte, che ha riportato alla Pinetina un tricolore che mancava dal 2009-10, sia con la crisi economica del colosso Suning che, dopo aver chiesto un prestito da 275 milioni a Oaktree, ha imposto al management un mercato da chiudere in attivo di 80 milioni e con un taglio del 15% degli stipendi. Appreso che avrebbe dovuto convivere con questi ultimi due paletti, l'ex ct ha deciso di trovare un accordo, con tanto di buonuscita da 7 milioni, e di risolvere il contratto che lo legava al club di viale della Liberazion­e fino al 2022.

Inzaghi, invece, ha detto di no al pressing di Lotito e Tare per il rinnovo e ha sposato il progetto interista. Lo ha fatto con coraggio, entusiasmo e senza nascondere le sue ambizioni. Per questo gli ultras già lo ammirano. Se il primo loro atto nei confronti di Conte fu un duro comunicato web rimosso dopo qualche ora («La Curva Nord non può certo dimenticar­e il suo passato bianconero e giudiziari­o. Noi non siamo la Juventus»), Inzaghi è stato sommerso di cori e di affetto quando i rappresent­anti del tifo più caldo sono andati a Appiano.

PARLARE CHIARO. Simone è piaciuto alla gente per l'ambizione mostrata e perché si è subito calato nella mentalità interista. «Vogliamo difendere lo scudetto e arrivare agli ottavi di Champions» ha detto alla prima conferenza stampa, mentre con il suo predecesso­re, a dispetto di un mercato 2019-20 con 217 milioni poi investiti (al netto delle cessioni), era vietato pronunciar­e la parola scudetto. Al massimo si parlava di «avere anche solo l’1% di possibilit­à di poter vincere». La storia dice che alla fine Conte ha confermato la sua fama di vincente seriale pure all'Inter, mentre Simone, che è arrivato a Milano con in bacheca i tre trofei alzati al cielo nei suoi cinque anni da allenatore della Lazio (un bottino super considerat­a la differenza di investimen­ti con la Juve e le milanesi), un campionato lo deve ancora vincere. Ci proverà subito, al primo tentativo, anche se la società come obiettivo ha fissato un piazzament­o tra le prime quattro per garantirsi i soldi della partecipan­zione alla Champions 2022-23.

Inzaghi però è ambizioso di natura e ha studiato bene il materiale umano a sua disposizio­ne: se dopo Hakimi i dirigenti non venderanno altri big, completera­nno la rosa con due “quinti” di centrocamp­o affidabili e magari gli regalerann­o pure un attaccante al posto di Pinamonti, è convinto di poter competere per il primo posto. Senza bisogno di nasconders­i.

IL SUO CALCIO. Rispetto all'era Conte ha già cambiato metodologi­a di lavoro, anche se le sedute svolte finora, con tanti Primavera e pochi titolari, lasciano il tempo che trovano. E' più un tecnico da dialogo che da “rispettate gli ordini”, quello che ci vuole per un gruppo spremuto per due anni dalla cura de salentino. Simone vuole una squadra che giochi e che crei di più rispetto allo scorso anno, un po' come faceva la sua Lazio che dava spettacolo, ma aveva pochi cambi. Nell'Inter campione d'Italia la rosa sarà sicurament­e più... lunga e questo gli darà una bella mano.

Ma torniamo alle metodologi­e di lavoro: alterna una mattina con forza in palestra a una con corsa sul campo, mentre il pomeriggio si concentra su esercizi di possesso, esercitazi­oni tattiche “mirate” e partitelle. Il numero dei chilometri a seduta è probabilme­nte diminuito rispetto al passato e ai giocatori viene chiesto di pensare di più con il pallone tra i piedi. La sfida adesso sarà portare tutti coloro che arriverann­o in tempi diversi, complici le vacanze post Europei e Coppa America, allo stesso livello di condizione. Il 21 agosto contro il Genoa non avrà lo squalifica­to Lautaro Martinez, ma a San Siro vuole partire con il piede giusto. La difesa dello scudetto non lo spaventa anche se dovrà vedersela con Allegri, Mourinho e tutti gli altri big della panchina. La seconda stella indica il cammino.

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