Corriere dello Sport

Nessuno rischia come lui

Tra i tecnici delle “sette sorelle” è quello che mette di più in gioco Gli serve un salto di qualità

- di Alberto Polverosi

Fare l’allenatore è il lavoro più pericoloso nel calcio, specialmen­te nel calcio italiano. Il posto è perennemen­te a rischio. Quest’anno, però, la sensazione è che quel rischio sia inferiore rispetto al solito e come garanzia c’è il livello di molti nuovi allenatori: Allegri (col suo ritorno dopo l’esperiment­o-Pirlo) è oltre la Juve, Sarri (con le sue vittorie inglesi e con la Juve) è oltre la Lazio, Spalletti (con la sua esperienza) è oltre il Napoli, Mourinho (con il suo carisma, tra le altre cose) è oltre la Roma, Pioli è oltre il Milan e quanto a Gasperini è sempliceme­nte l’Atalanta.

Fare l’allenatore è il lavoro più pericoloso nel calcio, specialmen­te nel calcio italiano. Il posto è perennemen­te a rischio. Quest’anno, però, la sensazione è che quel rischio sia inferiore rispetto al solito e come garanzia c’è il livello di molti nuovi allenatori: Allegri (col suo ritorno dopo l’esperiment­o-Pirlo) è oltre la Juve, Sarri (con le sue vittorie inglesi e con la Juve) è oltre la Lazio, Spalletti (con la sua esperienza) è oltre il Napoli, Mourinho (con il suo carisma, tra le altre cose) è oltre la Roma, Pioli è oltre il Milan e quanto a Gasperini è sempliceme­nte l’Atalanta.

IL RISCHIO DI INZAGHI. Ne resta fuori uno solo da questo discorso, Simone Inzaghi. E’ il tecnico che, più di tutti gli altri, nella prossima stagione mette in discussion­e il proprio livello profession­ale. E’ l’unico, fra le panchine delle sette sorelle candidate (con più o meno titoli) allo scudetto, a fare un salto in avanti. Simone ha trascorso stagioni straordina­rie alla Lazio, l’ha riportata al successo e nell’anno della pandemia, prima dello stop al campionato, l’ha avvicinata allo scudetto come non accadeva da anni. Ha creato il gruppo e il gioco, ha ottenuto i risultati, ha dimostrato forse ancora più di Conte che il 3-5-2 può essere un modulo offensivo e propositiv­o. Nei suoi anni laziali, la squadra ha mostrato a tratti un calcio spettacola­re e spesso un bel calcio. All’occasione buona non poteva rinunciare ed ha accettato la panchina dell’Inter, la prima big della sua carriera. Inzaghi sa che per lui questa stagione sarà una sfida continua.

SU CONTE. Sulle sue virtù laziali ci siamo già soffermati, ma a Milano vogliono di più, tanto di più. Ora che hanno ripreso a vincere dopo anni di stenti, vogliono il bis, anche se la situazione economica del club non è più tanto florida. E questo Simone lo ha capito perfettame­nte quando ha visto che Conte, fedele ai suoi principi, ha intascato la buonuscita e ha salutato da vincitore, anzi, da trionfator­e. La prima sfida di Inzaghi sarà proprio quella col suo predecesso­re, dovrà superare la sua feroce determinaz­ione per ottenere da una squadra tecnicamen­te inferiore (la partenza di Hakimi è pesantissi­ma) lo stesso risultato. Può riuscirci in due modi: o ripetendo il campionato 2020-21 (e sarebbe un trionfo) o migliorand­o il livello europeo di una squadra che con Conte ha incassato sconfitte ed eliminazio­ni.

SUL CLUB. La seconda sfida è col proprio club. Inzaghi ha bisogno di sostegno non solo a parole: alla sua prima esperienza da allenatore di una squadra campione d’Italia è necessario che la società non continui a cedere altri pezzi da novanta e non solo per una banale ragione tecnica. Se all’inizio del campionato l’Inter si presenterà, oltre che senza Hakimi, priva anche di Lautaro Martinez o peggio ancora di Barella, per tutti Inzaghi

diventerà l’allenatore del ridimensio­namento. E non sarà una posizione piacevole.

SU ALLEGRI E COMPAGNI. Senza niente togliere ai tecnici della scorsa stagione, quest’anno le concorrent­i allo scudetto hanno alzato il tiro. Da un esperiment­o non andato a buon fine, la Juve è tornata su una certezza; per sostituire un allenatore-simbolo come Inzaghi, la Lazio si è affidata al maestro del gioco; per migliorare non solo la propria immagine, la Roma ha scelto un nuovo leader trascinato­re e capopopolo; per dare seguito al rendimento di un anno fa, il Milan ha confermato Pioli; per rendere più incisiva la squadra, il Napoli ha ingaggiato Spalletti, mentre su Gasperini è inutile soffermars­i, è il top. Ecco, Inzaghi dovrà sfidarli cercando di conquistar­e prima possibile una posizione almeno paritaria. Negli anni della Lazio, era la squadra a dover raggiunger­e il livello delle più grandi avversarie, stavolta tocca a lui dimostrare che il salto compiuto non è un salto nel vuoto.

Le sfide di Simone Inzaghi sono eccitanti, renderanno la sua stagione sempre viva, avrà gli occhi di tutto il campionato puntati addosso. Per questo la sua vera grande sfida è prima di tutto con se stesso. Non gli saranno concesse pause, dubbi, tentenname­nti, dovrà essere sicuro di sé e trasmetter­e questa certezza alla squadra. Alla Lazio ha dimostrato di essere un ottimo allenatore, all’Inter deve superarsi.

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