Corriere dello Sport

Nibali e compagni licenza di inventare

Domani (4 del mattino in Italia), la prova su strada in linea. L’Italia vuole sorprender­e Il c.t. Cassani: «Bisogna essere squadra, gli egoismi andranno dimenticat­i. Sarà una gara vera, selettiva, con 70 km in salita»

- Di Giorgio Coluccia

Ifavori del pronostico vengono indirizzat­i altrove, ma gli azzurri hanno sempre fatto la storia. All’Olimpiade, nella prova in linea su strada, l’Italia del ciclismo ha vinto più di tutti: 19 medaglie, di cui 9 ori, 7 argenti e 3 bronzi. Un dato di fatto che il c.t. Davide Cassani non dimentica. Per il resto, ha evitato i proclami e tenuto i riflettori spenti il più possibile.

Le incombenze da favoriti spettano agli altri, a partire da Belgio e Slovenia, forti di un duo a testa con Van Aert-Evenepoel e Pogacar-Roglic. I campioni del momento non vestono l’azzurro, ma il quintetto tricolore ha le armi per lasciare il segno su un percorso esigente, con quasi cinquemila metri di dislivello. Domani toccherà a Bettiol, Caruso, Ciccone, Moscon e Nibali. Ognuno con i suoi compiti e la piena licenza d’inventare in una gara che sarà tutta da scrivere chilometro dopo chilometro.

Cassani, qual è la ricetta per inseguire una medaglia olimpica su un tracciato così impegnativ­o? «Quando scende in strada la Nazionale c’è solo una ricetta valida. Bisogna essere squadra, ognuno deve sapere cosa fare in ogni singolo istante di corsa. Gli egoismi personali vanno messi da parte e il noi deve prevalere sull’io».

Dopo cinque lunghi anni di attesa, come si immagina questo grande giorno?

«Con l’umidità sarà una gara a eliminazio­ne, anche se dovesse piovere. In salita si fa fatica a respirare e la sudorazion­e è impression­ante. Ho tutto il tracciato in mente, me lo immagino di continuo per ipotizzare la corsa e i diversi risvolti di gara. Ero già venuto tre volte in precedenza per studiarlo, poi negli ultimi giorni l’abbiamo analizzato nel dettaglio con diverse uscite mirate».

Un hotel tutto per voi e un isolamento totale sul lago di Yamanaka, a 130 chilometri dal Villaggio. Come l’hanno vissuta i corridori? «Tre anni fa sono venuto qui in Giappone per la prima volta e ho subito pensato che questo fosse il posto ideale per noi. Lontani dal caos di Tokyo, vicini al percorso di gara e senza alcuna distrazion­e. Siamo usciti soltanto per allenarci. Abbiamo cercato di fare una corsetta, ma ci hanno rincorso e ordinato di tornare in hotel. Non potevamo andare oltre il parcheggio o il cortile e avevamo uno spazio prestabili­to delimitato dai birilli».

Nonostante le restrizion­i e l’assenza dei tifosi, si respira ancora l’aria dei Giochi Olimpici?

«Il grande momento sta per arrivare, non c’è un evento paragonabi­le all’Olimpiade. Me ne sono innamorato quando avevo 15 anni, e contando anche quelle da commentato­re sono arrivato alla quinta, avendo cominciato ai Giochi di Sidney nel 2000. In questo sport la maglia iridata del Campionato Mondiale è sempre stata messa davanti a tutto, ma il successo di Bettini nel 2004 ha ricordato quanto valga la medaglia oro in un’occasione del genere».

Qual è la sua valutazion­e generale sul percorso di gara?

«Stavolta non c’è un circuito da rifare infinite volte. Sarà una gara vera, molto selettiva, con 70 chilometri in salita sui 234 totali. Il Mikuni Pass è l’ascesa più temuta e scollinand­o a 32 dall’arrivo sarà decisiva per assegnare le medaglie. E poi nel finale c’è quello strappo che porta dentro l’autodromo: 1500 metri di cui 700 al dieci per cento».

Ripensando al Lombardia, il Mikuni Pass è il Civiglio giapponese? «È più duro, taglierà le gambe a molti e poi dopo ci saranno ben pochi margini per recuperare. C’è un tratto cementato al 18 per cento, i ragazzi l’hanno provata a tut

«Di certo i favoriti non siamo noi, ma so che riusciremo a dire la nostra»

ta in diverse occasioni e lì non dovremo farci trovare impreparat­i».

Cosasiaspe­ttadaVince­nzoNibali? «La sua tipica fame da campione. Per uno come lui, il percorso di cinque anni fa a Rio e quello di Tokyo di questa edizione sono pressoché identici. Ha esperienza da vendere, sarà in grado di giocarsi le sue carte, ma anche essere un punto di riferiment­o per la squadra. L’ho portato qui pure per questo».

Chi è il suo favorito numero uno? «Non faccio nomi. Di certo i favoriti non siamo noi, ma allo stesso tempo sono consapevol­e che riusciremo a dire la nostra».

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ANSA L’azzurro Damiano Caruso, 33 anni, gioisce per la vittoria della ventunesim­a tappa del Giro d’Italia
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