Roma elastica E la chiave è Mkhitaryan
Il 4-2-3-1? Sulla carta... Tre dietro e 7 giocatori in attacco in fase offensiva. E ci si difende col 4-4-2
L’elemento di maggiore curiosità emerso dall’amichevole di Trieste è l’elasticità del modulo di Mourinho. Il 4-2-3-1 esiste solo sulla carta, nella disposizione iniziale. Ma nello sviluppo dinamico della partita la Roma gioca con la difesa a tre quando attacca, mandando addirittura 7 giocatori ad aggredire gli spazi offensivi, e si arrotola in un prudente 4-4-2 quando la palla è nei piedi degli avversari. Non basta un test contro la Triestina, che praticamente ha rinunciato a creare pericoli, per trarre conclusioni in un periodo preliminare della preparazione. Ma alcuni elementi appaiono già chiari dalla tribuna.
L’UOMO-CHIAVE. Il giocatore che in questo programma tattico ha la maggiore importanza è Mkhitaryan, al quale Mourinho chiede un ruolo completamente diverso rispetto ai tempi di Fonseca. Micki è il giocatore che si abbassa sulla fascia sinistra, agendo come esterno di centrocampo, per accompagnare la manovra molto lontano dalla porta. E al tempo stesso è la pedina che, insieme a Zaniolo sull’altro lato, deve ripiegare più velocemente per ricompattare il centrocampo. Così quando la Roma ha la palla, il terzino destro (mercoledì era Reynolds, in futuro lo farà soprattutto Karsdorp) funge da ala aggiunta mentre Zaniolo e Pellegrini stringono nel mezzo per liberare spazio ed eventualmente o fornire una rifinitura per Dzeko. Intanto i due centrali di centrocampo si alternano nelle uscite e più volte possono arrivare al tiro da distanza ragionevole: se non da dentro l’area, appena fuori.
AGGRESSIVITÀ. I meccanismi sono farraginosi, anche perché la condizione generale della squadra dopo due settimane di lavoro è ancora approssimativa, ma nel primo tempo si è in parte visto il pressing alto che Mourinho considera come dogma. Dzeko è andato più volte ad infastidire il portiere della Triestina, Offredi, per obbligarlo al lancio lungo. E nello stesso compito si è prodigato Pellegrini, che in fase difensiva diventa il secondo attaccante e quindi il secondo giocatore a dover chiamare le pressioni.
ACCORTEZZA. Che Mourinho stia cercando solidità ed equilibrio, si evince anche dallo schieramento difensivo: con un terzino incaricato dell’assalto, l’opposto deve rimanere allineato ai centrali. E infatti sulla corsia sinistra hanno giocato prima Tripi e poi Ibañez, due difensori centrali adattati dalla fascia. Dopo l’intervallo, con tante sostituzioni e poche soluzioni intercambiabili, molti dei concetti sono saltati. Ma anche se il gol della vittoria del giovane Zalewski è arrivato nella ripresa, occorre valutare principalmente il primo tempo per analizzare il cantiere Mourinho.
I CALCI PIAZZATI. Una grande attenzione è stata riservata alle palle inattive. Mourinho vuole essenzialmente difendersi uomo contro uomo in area, anche se lascia qualche rinforzo a zona qua e là. E chiede a tutti di rientrare a proteggere la porta. Sui calci d’angolo offensivi invece piazza due coppie di giocatori fuori dall’area in una sorta di quadrato: serve a minimizzare i rischi del contropiede e magari a sfruttare una respinta corta per calciare in porta.
LA ROMA IN FASE OFFENSIVA
Per l’armeno un ruolo diverso rispetto alla gestione Fonseca Un dogma: il pressing