Se il mondo non si arrende
Benvenuti all’Olimpiade della pandemia. Oggi all’ora della carbonara, in uno stadio spettrale, sfilerà la meglio gioventù. O almeno quella che ha potuto vaccinarsi e sfuggire allo sgambetto del Covid. Non sarà un’Olimpiade come le altre, ma sarà un’Olimpiade più importante delle altre. Perché ancora una volta lo sport e i Giochi si dimostrano più forti di tutto. Anche della sfortunata contingenza che ha collocato l’edizione assediata dal virus nella terra più NoVax del mondo (una vergogna che un Paese come il Giappone abbia solo il 29,3% della popolazione immunizzata). E poco importa se nel Duemila le Olimpiadi traggono la loro spinta propulsiva più da ragioni economiche che dagli ideali che ispirarono il barone de Coubertin, oltre un secolo fa. Senza Tokyo 2021 (sorry 2020) tanta parte dello sport mondiale avrebbe già dichiarato bancarotta.
Sarà un’Olimpiade figlia del suo tempo, come sempre. E chi ancora oggi grida alla vergogna e dispensa paura dovrebbe andare a studiarsi la storia dei Giochi moderni. Che sono sopravvissuti a regimi, stragi, boicottaggi, rendendosi puntualmente portavoce di messaggi universali. L’Olimpiade del 1936 fu macchiata dall’esaltazione del nazismo, ma resta immortale per i quattro ori di Jesse Owens, nero dell’Alabama, in faccia ad Adolf Hitler. Quella del 1956 si svolse malgrado l’invasione sovietica dell’Ungheria, che nella pallanuoto si prese una cruenta ed esaltante rivincita. Il massacro di Tlatelolco, nel 1968, mise a rischio la disputa dei Giochi di Città del Messico, che poi consegnarono al mondo il pugno chiuso di Smith e Carlos contro la segregazione razziale e il trionfo della divina cecoslovacca Vera Caslavska sulle avversarie sovietiche, mentre la Primavera di Praga appassiva tra i carrarmati di Mosca. Monaco 1972 si fermò un giorno solo in memoria delle vittime israeliane di Settembre Nero, e poi andò avanti malgrado le polemiche: fu la prima risposta alla piaga nascente del terrorismo. The “show must go on”, certo, ma anche la vita. Montreal, Mosca e Los Angeles sopravvissero ai boicottaggi, che da allora sono scomparsi quali forma di lotta politica, annegati nella loro palese inutilità (in Giappone mancherà solo la Corea del Nord del feroce dittatore Kim Jong-un: il mondo se ne farà una ragione).
Le Olimpiadi sono e sempre saranno specchio della loro epoca. Tokyo non fa eccezione. E in un mondo sconvolto dalla pandemia mandano sin d’ora un messaggio forte, fortissimo. La meglio gioventù non si arrende. Anche così si fa la Storia.