Uta e Hifumi, fratelli di sangue d’oro
I giapponesi Abe re nel judo a breve distanza di tempo l’una dall’altro Molto simili, lei più giovane di lui, hanno iniziato nel salotto di casa. «I nostri nomi sono nella storia»
Quando erano piccoli capitava spesso. «Facciamo che io ero il campione olimpico». «No, facciamo che io ti battevo in finale e prendevo la medaglia d’oro». Meno male che lei pesa meno di 52 chili, lui invece è nella categoria -66. E per fortuna che maschi e femmine non combattono insieme: succede al massimo da bambini, in salotto, fra fratello e sorella.
La storia di Uta e Hifumi Abe, i nuovi eroi giapponesi, è cominciata più o meno così: nel salotto della casa di Kobe, quando erano bambini. Hifumi si era appassionato allo sport nazionale, il judo, guardando i grandi campioni giapponesi alla televisione. Abe aveva cinque anni quando ha deciso che avrebbe camminato sul tatami sulle orme del fratello maggiore: ha cominciato a vincere titoli nazionali che era ancora alle medie.
INSIEME NELLA STORIA. Sono entrati nella storia insieme, ieri, a pochi minuti di distanza. Sono i primi fratelli a vincere due ori olimpici nello stesso giorno e nello stesso sport: metteteci che sono anche i Giochi di casa, e che il loro sport è l’arte marziale inventata dai giapponesi alla fine dell’Ottocento e capirete che gli ingredienti del mito ci sono tutti. Avevano cominciato a programmare la loro impresa lo scorso dicembre, quando Hifumi fu capace di battere il campione del mondo in carica Joshiro Maruyama e di prendersi l’ultimo posto disponibile nella squadra per i Giochi. Anche ieri è stata Uta ad aprire le danze, battendo in semifinale Odette Giuffrida
e in finale la francese Amandine Buchard e diventando la prima vincitrice giapponese della sua divisione, nonché la più giovane campionessa di sempre, a 20 anni.
PRIMA UNA POI L’ALTRO. Hifumi intanto faceva un tifo scatenato, senza pensare che dopo poco sarebbe toccato a lui. Non ha lasciato scampo al georgiano Vazha Margvelashvili: voleva raggiungere Uta sul podio. Si erano divertiti moltissimo l’altra volta che lo avevano fatto, ai Mondiali di Baku 2018. «Abbiamo scritto i nostri nomi nella storia», ha detto Hifumi mettendosi la medaglia al collo.
A proposito di nomi. Quello di lui si scrive con gli ideogrammi di 1, 2, 3: praticamente un conteggio. Uta tutto il contrario: vuol dire poesia. Sul tatami però tutti e due sono rapidi e aggressivi. Uta d’altra parte ha imparato seguendo le mosse di Hifumi, «il mio stile è influenzato per circa il 70% da mio fratello».
Si assomigliano anche nei pensieri: lui dice che il lavoro duro può battere il genio, lei che senza sofferenza non c’è guadagno. Kizuna, lo chiamano i giapponesi: è il legame indissolubile che può esistere fra due persone.