L’Argentina sulla strada dello Zar
«Ottimismo per i successi e i buoni risultati internazionali con i giovani Il progetto c’è però se non ricominciamo dai bambini come si fa?»
Il presidente della Federazione italiana pallavolo, Giuseppe Manfredi, e il futuro di un movimento che pretende risposte. Per ora, la Fipav attende con trepidazione i quarti di finale dei tornei maschile e femminile nonché quelli di Lupo e Nicolai, coppia d'argento in quel di Rio, nel beach. Ma poi le Olimpiadi finiranno e torneranno i problemi. «Vogliamo i palazzetti riaperti al 50% della capienza. Vogliamo ritornare in palestra», la sintesi.
Presidente, partiamo anzitutto da Tokyo. Un primo bilancio? «Abbiamo due Nazionali ai quarti in due tornei molto duri ed equilibrati, dove infatti non ci sono squadre imbattute. Avrà la meglio chi avrà più benzina. Quanto al beach volley, siamo consapevoli che Nicolai e Lupo ce la metteranno tutta, mentre speravo in qualcosa di più dalle ragazze. Discorso a parte merita la coppia Rossi-Carambula, anche piuttosto sfortunata».
Conclusi i Giochi si dovrà tornare a pensare alla prossima stagione. Quanto è preoccupato?
«Per quanto si scorge all'orizzonte tantissimo. Assieme agli organi di governo dovremo capire dove si vuole arrivare. Perché, se è vero che stiamo facendo molto sul piano della sensibilizzazione alla vaccinazione, fatichiamo a comprendere la ragione per cui non si possa garantire la presenza di pubblico fino al 50% della capienza degli impianti. Il nostro non è un pubblico "scalmanato", in più garantiamo ingressi scaglionati, obblighiamo all'uso della mascherina, teniamo fuori i non vaccinati. Con queste misure non credo possano esserci difficoltà a raggiungere quel 50%. Gli incassi sono vitali, così come gli sponsor che rischiamo di perdere in massa. Ma non c'è soltanto questo».
Allude all'attività nelle scuole? «L'altra preoccupazione riguarda proprio la ripresa su questo fronte. Se lasciamo esclusivamente ai dirigenti scolastici l'ultima parola sulla fruizione degli impianti sarà complicato tornare in palestra. Anche qui stiamo svolgendo una grande opera di sensibilizzazione e adottiamo un protocollo più che rigido per atleti, dirigenti, staff. E invece il Cts impone solo la sanificazione degli spazi senza nemmeno il barlume di un accenno al nostro protocollo. Qualche domanda ce la stiamo ponendo».
Le stesse che domani sottoporrà alla sottosegretaria allo Sport Valentina Vezzali insieme a Federcalcio e basket?
«Per quanto mi riguarda chiederò al governo un maggiore impegno sulle questioni di cui ho parlato. Abbiamo sempre dimostrato di essere seri e corretti, ma qualcosa in più il governo dovrà darla altrimenti tante società non saranno nelle condizioni di ripartire».
Esiste comunque una linea comune tra le federazioni.
«Il rapporto con Figc e Fip è assolutamente positivo. Con Gabriele
Gravina e Gianni Petrucci affrontiamo problemi comuni, mentre noi e il basket siamo i primi a essere penalizzati dalla chiusura delle strutture al coperto».
Quanto hanno perso finora le vostre società?
«Senza avventurarmi più di tanto, circa il 25-30% solo dagli incassi dal botteghino. Questo per quanto concerne le realtà più grandi, ma non dimentichiamo i giganteschi ostacoli per l'attività giovanile nonché la fuga degli sponsor e la natura di questi ultimi: il più delle volte si tratta di piccole realtà, quando non di aziende a conduzione familiare».
Palazzetti aperti, palestre idem. Di cos'altro c'è bisogno secondo lei per tornare in carreggiata? «Più coraggio e attenzione. Ma questo non è soltanto un discorso legato alle società sportive. Per quanto ci riguarda, ci sarà bisogno della massima responsabilità da parte di tutti. Per riprendere abbiamo bisogno di spazi, delle palestre di quartiere, di quelle scolastiche. Molte zone del Paese sono in grave difficoltà, una situazione drammatica che può diventare irreversibile se non si farà nulla: chiuderanno in tanti, spariranno tante scuole di sport».
Qual è il futuro della pallavolo? «Sotto il profilo tecnico lo vedo piuttosto roseo. Lo dimostrano i successi e i buoni risultati in campo internazionale a livello giovanile. Vuol dire che il lavoro alla base c'è e sta dando frutti splendidi. Vuol dire che un progetto c'è, sta procedendo sui binari giusti e offre sviluppi importanti, come il Club Italia».
Però?
«Purtroppo non possiamo fare nessuna previsione su quantità e qualità della ripresa dell'attività di base. Quasi tutti i nostri club vivono sul settore giovanile, i loro giocatori vengono dai vivai. Le piccole realtà sono la linfa. Finora abbiamo stanziato nove milioni di euro, stiamo mettendo in campo tutte le risorse possibili, a settembre riapriremo la stagione dei più piccoli con manifestazioni in tutta Italia, ma se non sarà ripreso un ciclo in qualche modo "naturale", se non si riporteranno i bambini in palestra, molto andrà perduto».
«Chiederò al governo maggiore impegno per la riapertura dei palazzetti al 50%»
«Le società hanno subito perdite da botteghino e da sponsor in fuga»