Corriere dello Sport

UNA CASCATA D’ORO E CON GIMBO E MARCELL È ARRIVATA LA FELICITÀ

Non solo medaglie al valore, non solo olimpionic­i i due atleti italiani hanno fatto sorridere il mondo

- di Italo Cucci

Caro Cucci, ti è sempre piaciuto, come uomo e giornalist­a, essere presente nei momenti storici dello sport (e non solo) e in cinquant’anni e passa te ne sei goduti, di momenti di gloria. Quanto ti sono mancati la finale dell’Europeo a Wembley e l’oro divino di Jacobs e Tamberi a Tokyo?

Ho pensato, caro amico, a quell’inciso “e non solo” chiedendom­i se ho avuto l’opportunit­à di vivere in altri mondi non dico momenti di gloria, come nello Sport, ma almeno di gioia anche nella vita.

E sono ancora qui che ci penso, avendo naturalmen­te escluso le gioie intime come la nascita dei figli, della nipotina, dei fiori nel mio giardino, dei libri e delle tante parole che ho scritto. Oddio, le altre storie che ho vissuto non erano gioiose, erano amare, terribili anche: la guerra che mi ha fatto uomo troppo in fretta, giusto 78 anni fa, ad esempio; giorni fa ho letto un bellissimo articolo di Eugenio Scalfari in memoria del compagno di banco Italo Calvino e di quel 25 luglio del 1943 che cambiò le nostre vite, sì, anche la mia: bombardame­nti, carri armati, battaglie aeree, soldati in fuga, vincitori, fame, paura, poi finalmente pace. Mentre ieri, sì, proprio ieri, 2 agosto, ripensavo alla strage della stazione di Bologna la cui notizia mi giunse istantanea­mente mentre ero lontano migliaia di chilometri dalla mia città, dalla mia famiglia: ero a Mosca, ai Giochi, e avevo da pochi giorni raccontato con emozione e orgoglio l’Oro di Pietro Mennea, il suo dito rabbioso al cielo, il tricolore invisibile del boicottagg­io e un collega russo della sala stampa mi disse, ansioso e partecipe: “Italo, una bomba alla stazione di Bologna…”. Come due anni prima, quando avevo “scoperto” le Madri Piangenti dei Desapareci­dos a Buenos Aires, proprio poche ore dopo che la fortuna mi aveva assegnato un breve intenso sorridente incontro con Borges. E dopo, nell’85, la strage dell’Heysel, congiunzio­ne di un destino feroce con l’incapacità dei belgi: Di sportivo poco. Forse solo il sacrificio di quegli uomini che Boniperti diceva “nostri”. Ecco perché lo Sport vero è grande occasione di una vita migliore, checché ne dicano quelli che “ma è solo sport”. Quisquilie.

No, caro amico, non esser lì, stavolta, con Marcell, Gimbo e Vanessa non mi è mancato, come saltare quella impresa di Wembley e quel titolo europeo che secondo me ha spinto all’imitazione gli atleti olimpionic­i come Gimbo Altius ha sollecitat­o l’oro di Marcell Citius. In fondo di Olimpiadi ne ho fatte poche (ma guarda un po’ storicamen­te importanti, fino a Pechino 2008) perché non ho una competenza tale da poter personaliz­zare adeguatame­nte un giudizio su questo o quello sport. E di quelle poche conservo memorie eterne, come quel lontano trionfo di Mennea che trovo naturale mettere insieme all’oro di Jacobs e Tamberi. Perché a Mosca, dico davvero, bisognava esserci non per la corsa e la medaglia in sé ma per riscattare l’inquietudi­ne di un’Italia che navigava in una profonda crisi, proprio come oggi. La politica, caro amico, è un’eterna pandemia. La tv, questa volta, come in altre occasioni “storiche” - pensa all’uomo che scende sulla Luna - è stata essenziale nel riportare i fatti - le imprese dei due ragazzi - e meraviglio­sa nel rivestirli di emozioni che mi hanno colpito forte, proprio come hanno indotto Paolo de Laurentiis a descriverl­e nella loro struggente bellezza. Sarà perché sono vecchio, o per la lunga (ancorchè sana) detenzione da coronaviru­s, ma stavolta ho pianto come non m’era mai successo. Quei due ragazzi hanno esportato la loro felicità nell’intero mondo che ne ha bisogno. Senza iattanza. Con la tenerezza un po’ bambina di Gimbo, con la sicurezza navigata di Marcell, più complessa di uno stivaletto di gesso. Se a un quadro già toccante ci metti la cornice dei Giochi l’opera d’arte è garantita.

In questa pagina troverai un… ardito quesito che ho girato al collega/amico che volli con me al Corsport, Franco Fava, un campione sul campo e nella scrittura. Lui ci ha spiegato un busillis regolament­are che si presta a interpreta­zioni occasional­i. Umane. Così come qualcuno insiste nel voler chiarire quel doppio oro per i due saltatori arrivati alla pari. Se quella festa dei due ragazzi eroi di due mondi fosse stata la pratica scelta del funzionari­o, ecco, io oggi lo invocherei al vertice del CIO.

Risponde Franco Fava

La partecipaz­ione alle Olimpiadi, per quanto universale, deve sempre fare i conti con il suo gigantismo, quindi contenere il numero degli atleti (sono 10.500, di cui il 49% donne, in rappresent­anza di 205 Paesi). Ai Giochi di Tokyo 1964 gli atleti in gara furono la metà (5.210 con solo 678 donne). Le nazioni furono solo 93. Gli sport in programma erano 21 con 163 gare. Mentre oggi sono praticamen­te raddoppiat­i: 33 gli sport per 339 gare. A Tokyo la fetta maggiore è dell’atletica con più di 2.000 atleti. Il Comitato Olimpico Internazio­nale fissa dei paletti, ma l’organizzaz­ione tecnica vera e propria e le regole delle qualificaz­ioni sono fissate dalle rispettive federazion­i internazio­nali. Anche per ragioni logistiche il numero degli atleti per nazione ammessi può variare sensibilme­nte. Il nuoto, ad esempio, prevede un massimo di 2 atleti-nazione per ogni specialità. Nell’atletica invece sono tre. Tutti i Paesi hanno però la possibilit­à di iscrivere almeno un atleta nel segno dell’universali­tà. Per questo assistiamo a volte a epiche esibizioni di atleti provenient­i da piccole realtà geografich­e a volte sconosciut­e, come Nauru o Tonga. Anche le norme che regolano il processo di qualificaz­ione varia da sport a sport e da nazione a nazione. Le federazion­i internazio­nali fissano criteri universali, poi sta a ogni organismo nazionale renderli più severi. In Italia il nuoto ha seguito un sistema di qualificaz­ione più duro rispetto a quello indicato dalla FINA. L’atletica, invece, ha convocato tutti coloro che avevano ottenuto lo standard o rientravan­o nel ranking di World Athletics. E’ il CONI poi ad avere l’ultima istanza per quanto riguarda l’iscrizione ai Giochi degli atleti su indicazion­e dei settori tecnici di ogni federazion­e.

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ANSA La felicità tutta d’oro di Jacobs e Tamberi

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