Ecco Insigne E in Polonia test (ore 18) senza Osi
Lorenzo è tornato ieri a Castel Volturno: vuole restare a vita e aspetta un segnale
Dieci giorni cruciali per provare a sbloccare la trattativa per il nuovo contratto: va colmata la distanza di un milione e mezzo a stagione
L’ultima volta, ed era il 23 maggio, uscendo da Castel Volturno, Lorenzo Insigne pensava di andare incontro a due favole: poi una, la prima, quella più semplice da realizzare, sfuggì di mano a lui e al Napoli, ed allora gli rimase semplicemete l’altra, teoricamente «impossibile». Settantadue giorni dopo, in quella bolla d’afa, mentre alle 14 in punto si stava aprendo il cancello automatico del Konami Training Center, gli sono sfilati via dinnanzi agli occhi i due mesi più paradossali della sua esistenza, il «dolore» - quasi fisico - per la Champions League perduta nel pareggio con il Verona, e la felicità, stordente, per quel titolo europeo con la Nazionale di Mancini che diventa la pietra miliare d’una carriera che sta per ricominciare da principe sempre più azzurro.
ABBRACCI, APPLAUSI. Quando Lorenzo Insigne è spuntato nel «cuore» del Napoli, non c'era ancora nessuno dei suoi compagni, ma c’è voluto un attimo per riempire quello spogliatoio dell’affetto collettivo che ha travolto lo scugnizzo, Di Lorenzo e Meret, soffocati dall’abbraccio dei compagni di squadra e da un applauso ch’è servito per ricordare l’11 luglio, un’esperienza piena per quel terzetto guidato da uno scugnizzo incredulo d’essere arrivato a tanto. Da Frattamaggiore a Wembley non è stato un attimo...
LUI E SPALLETTI. E così è diventato un giorno straordinariamente «normale», ch’è servito per ricominciare con i test classici e con le domande di rito sulle emozioni di quest’estate indimenticabile, e sui silenzi su una prospettiva che va costruita in due, Insigne da una parte e Adl dall’altra. Spalletti, che sta in panchina ad osservare, l’ha già detto in pubblico e in privato che vorrebbe allenarlo e tenerselo stretto tutto per sé, (almeno) per le stagioni che lo legano contrattualmente al Napoli. Ieri, c’è stato semplicemente modo (inevitabilmente) per ribadirlo, restando però rispettosamente al lato di una trattativa che appartiene a Insigne, al suo procuratore Vincenzo
Pisacane e al presidente.
ARRIVEDERCI. Stamani, Castel Volturno sarà tutta per Insigne, per Fabian Ruiz, per Petagna, per Ounas, per Osimhen, per Meret e Di Lorenzo, anche per Ghoulam che è tornato dalla visita a Villa Stuart sorridendo, e poi partenza domattina all’alba per Castel di Sangro, il teatro di un incontro che si potrà presumere avvenga nei prossimi dieci giorni da trascorrere assieme, nello stesso albergo, potendo decidere all’istante di sistemarsi intorno ad un tavolo per parlarne.
PIEDINO D’ORO. E mentre in quest’atmosfera un po’ plastica e assai misteriosa si resterà ad aspettare che arrivi una fumata qualsiasi - azzurra o anche grigia o semmai nera, qualcosa che indichi una strada - Insigne sentirà di essere vicinissimo allo svincolo, che saprebbe per lui di dolore e persino di sconfitta personale: il 30 giugno del 2022 quindi tra 330 giorni - scadrà il suo contratto da cinque milioni di euro, la volontà, chiara, è quella di restare, di continuare ad essere il capitano e anche la bandiera, ma a condizioni che sono diverse da quelle del club, invitato dalla crisi e dalle ultime due stagioni, infarcite di errori, a dare un taglio alle spese e quindi anche al monte-ingaggi. C’è una distanza che s’avverte, sarebbe intorno al milione e mezzo di euro, e soprattutto un silenzio che resiste, ad oltranza, da quel 23 maggio, quando Insigne uscendo da Castel Volturno non avrebbe immaginato, ma solo sognato, di rientrarci da Campione d’Europa. La parabola che (forse) non era stata messa in conto.
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