Warholm si fa un giro nel futuro
Il norvegese scende sotto i 46 secondi sui 400 hs: un’impresa paragonabile al salto infinito di Beamon a Messico 1968 e ai record del mitico Bolt su 100 e 200 Ha corso tra le barriere con un tempo da 400 piani «Ora sarà dura darsi nuovi obiettivi». In tre
Quando sul decimo e ultimo ostacolo Rai Benjiamin ha dato l’impressione di risucchiarlo, lui ha ingranato un estremo cambio di marcia per involarsi verso il record mondiale più prestigioso, non solo di questa Olimpiade. Come non se ne vedavano da almeno un decennio. Il 25enne norvegese Karsten Warholm ha sgranato gli occhi, incredulo, quando ha visto il cronometro lampeggiare sulla pazza cifra di 45 secondi e 94 centesimi, prima di lanciare un urlo alla Munch e di strapparsi la canottiera nemmeno fosse l’Incredibile Hulk.
L’impresa del vichingo sui 400 ostacoli è destinata a rimanere negli annali dello sport, al pari del salto infinito di Bob Beamon a Messico 1968 e ai record stellari di Usain Bolt a Berlino 2009 su 100 e 200. Proprio un mese fa, nella sua Oslo, Warholm aveva battuto di una manciata di centesimi l’antico record di 46”78 che lo statunitense Kevin Young aveva fissato ai Giochi di Barcellona 1992, portandolo a 46”70. Ma ieri è andato al di là di ogni immaginazione più ardita, perché scendere sotto il muro dei 46” sembrava impossibile anche al guerriero vichingo, che da ben otto stagioni continua a migliorarsi con una costanza unica. Un tempo così basta e avanza per fare bella figura in una semifinale iridata, ma senza ostacoli. Quelle barriere che ieri sembravano invisibili, tale era la continuità della sua azione nei 13 passi impiegati tra l’una e l’altra.
Warholm ha demolito il suo stesso primato di ben 76 centesimi. Una enormità. «E’ pazzesco, non avrei mai potuto prevedere di andare così forte», ha confessato. Poi svela un particolare che dà l’idea dell’intensità emotiva con la quale ha affrontato l’importante finale: «La sera prima ho fatto fatica ad addormentarmi. Ero così eccitato che mi sono sentito come quando a sei anni non riuscivo a chiudere gli occhi alla vigilia di Natale in attesa dei doni di Santa Claus».
PAZZESCHI. La portata di questo capolavoro è resa ancora più eccezionale da quanto hanno saputo fare gli avversari alle sue spalle. L’argento, infatti, è andato allo statunitense Benjamin con un crono di 46”17 - più veloce del precedente limite mondiale che Warholm aveva fissato il 1° luglio - con il quale succede a Young anche nell’albo dei record nordamericani. «Se qualcuno mi avesse pronosticato che con questo tempo non avrei vinto l’oro, gli avrei dato del folle», ha commentato amaramente Rai, arrivato a Tokyo forte del terzo crono al mondo “all time” di 46”83.
Ma non finiva qui. Sul podio saliva anche la rivelazione di quest’anno, il 21enne brasiliano Alison dos Santos: pure lui con 46”72 scendeva sotto il vecchio record di Young. Con il caraibico McMaster, il qatarino Samba e il turco Copello, erano addirittura in sei a correre sotto i 47”, rendendo questa finale la più veloce della storia. E pensare che quando ai Giochi di Città del Messico ‘68 il britannico David Hemery vinse il titolo in 48”1, migliorando di 7 decimi il mondiale, si urlò al miracolo.
SIBILIO. Originario di Ulsteinvik, un paesino di 6.000 anime sulla costa norvegese a nord di Bergen, Warholm si definisce «un maniaco dell’allenamento». Noto per schiaffeggiarsi pesantemene viso e coscie prima del via («Lo faccio per svegliarmi e non perdere l’attenzione»), il guerriero Warholm
era rimasto fuori dalla finale a Rio 2016 con 48”81. Ma poi s’era preso la corona mondiale l’anno dopo a Londra e a Doha 2019. «Ora con l’oro olimpico e con questo record dovrò pormi nuovi traguardi. Capisco che non sarà facile».
Nella finale da fantascienza c’era anche il 22enne napoletano Sibilio. Consumato dall’emozione per aver raggiunto la finale in una specialità ricca di nobiltà per l’Italia (all’Olimpiade di Tokyo 1964 Tito Morale conquistò il bronzo e Roberto Frinolli arrivò sesto), il finanziere allievo di Gianpaolo Ciappa giungeva ottavo in 48”77, lontano dal prezioso personale di 47”93 firmato in semifinale. «Aver fatto parte di questa gara mostruosa è uno stimolo per fare meglio ai Mondiali di Eugene del prossimo anno».
Benjamin: «A chi avesse detto che avrei perso con 46”17 avrei dato del folle»