Atletica iper-tech e piovono record
Le rivoluzionarie scarpe al carbonio approvate da World Athletics mettono le ali agli atleti. Di pari passo con l’evoluzione delle piste
Mentre gli ori di Jacobs e Tamberi ci fanno ancora venire i brividi, Tokyo continua a regalarci emozioni forti con record mondiali che sembrano arrivare da un altro pianeta. Quest’anno, solo nelle gare olimpiche, sono caduti sette primati, di cui due a questi Giochi (della Rojas nel triplo e ieri per mano di Warholm nei 400 hs). In questi due anni di emergenza pandemica ne sono stati migliorati addirittura undici. Roba che non si vedeva più dagli anni 80, quelli contaminati dal doping dell’Est Europa, e non solo.
Non solo gli addetti ai lavori, molti sono rimasti a bocca aperta nel vedere con quanta abilità il fenomeno norvegese sia volato tra le barriere a velocità supersonica. E’ naturale allora cercare di capire quanto vale il record di Warholm e perché stiamo assistendo a una stagione mai vista di primati.
Se trasformiamo in punti il 45”94 del norvegese, seguendo la tabella di World Athletics, questo è secondo solo al 9”58 sui 100 e al 19”19 sui 200 degli attuali record che Usain Bolt stabilì a Berlino dodici anni fa. Ed equivale al limite mondiale del lungo che Mike Powell fissò proprio a Tokyo nella rassegna iridata del 1991 con 8,95. In quell’epico duello con Carl Lewis, il saltatore statunitense migliorò l’8,90 di Bob Beamon a Città del Messico di quasi un quarto di secolo prima, un salto che allora sembrò a tutti destinato a durare altri cento anni. Con 1.341 punti (tanto vale il 45”94 del vichingo), il record sui 400 hs è tecnicamente superiore agli attuali storici limiti di 400 (43”03), asta (6.18), alto (2.45) e persino maratona (2h01’39”). Tanto per dare un’idea, la prestazione di Warholm equivale a 2,48 nell’alto e a 6,27 nell’asta!
TECNOLOGIE. Ma perché assistiamo a progressi così numerosi e portentosi? La risposta è la tecnologia. Anche all’Olimpiade del 1968 il passaggio dalle piste in tennisolite al tartan contribuì a una messe di record, favorita, in alcune specialità, anche dall’aria rarefatta della capitale messicana. Quelle piste (e pedane) nel frattempo si sono evolute anche grazie alla costante ricerca di laboratorio della casa leader, la Mondo di Alba. Il manto di Tokyo, steso già a fine 2019, mesi prima dell’originaria programmazione dei Giochi, ha caratteristiche definite rivoluzionarie. La superficie “Mondotrack WS” (questo il nome dell’ultima generazione di tartan), contiene «granuli TY progettati per ottimizzare la deformità della pista e potenziare il ritorno d’energia nella fase di spinta, garantendo così i valori di assorbimento degli urti», spiegano dalla Mondo, fornitore privilegiato di tutte le recenti Olimpiadi, nonché Mondiali
di atletica.
Ma non è solo la pista piemontese che fa volare a Tokyo. Dopo esser diventate di uso comune nell’élite dei corridori su strada, le scarpe hi-tech al carbonio hanno fatto la loro comparsa anche in pista. «Sui 400 ostacoli fanno guadagnare mezzo secondo», ha sentenziato Ed Moses, uno che se ne intende (due ori olimpici e 122 vittorie consecutive sui 400 hs). Contro le superscarpe ha tuonato anche Bolt: «Le avessi avute io ai piedi avrei corso i 100 in 9 secondi e 40». Poi in una intervista al “Guardian” di Londra ha rincarato la dose: «E’ antisportivo che qualcuno a Tokyo possa battere i miei record con scarpe truccate». Scampato il pericolo sui 100, oggi vediamo cosa succede nella finale dei 200.
Dopo una fase sperimentale, World Athletics ha dato via libera alle scarpe magiche ponendo alcuni paletti: la suola non può avere uno spessore superiore ai 25 millimetri per i modelli in pista (50 per quelli su strada) e non più di una lamina di carbonio al suo interno. E’ necessaria l’omologazione, ma molti modelli in circolazione sono ancora prototipi che gli sponsor elargiscono con parsimonia e discrezionalita. Quindi non sono ancora nella disponibilità di tutti i big. Non certo in quella di Filippo Tortu, causa anche il mancato rinnovo del contratto con lo sponsor tecnico.
Nella finale dei 100 metri di domenica erano in quattro a calzare uno dei modelli più evoluti, la Nike MaxFly. Oltre al nostro Jacobs (oro con record europeo a 9”89), anche lo statunitense Kerley (argento in 9”84), il sudafricano Simbine (quarto in 9”93) e il cinese Su (sesto in 9”96, ma 9”83 in semifinale con il primato asiatico).
Moses: «Le nuove calzature fanno guadagnare mezzo secondo sui 400 hs»
Bolt: «Antisportivo che qualcuno possa battere i miei limiti con scarpe truccate»