Corriere dello Sport

«I serbi sanno come far vincere il loro Paese»

Djordjevic, tricolore coach di basket, («dannatamen­te patriota») “avvisa” l’Italia per la doppia sfida di oggi

- Di Giorgio Burreddu

Sasha: «E’ la storia della nostra terra ed è così nello sport. Titoli e medaglie si strappano con la difesa»

Si definisce «dannatamen­te serbo». Una condanna o una benedizion­e, chissà. Ma certo questo senso di orgoglio nazionale che da tutta la vita attraversa Sasha Djordjevic lo si avverte già nella voce, ancora prima che nel cuore. «Non parlerei delle differenze tra i nostri due Paesi - dice - ma delle forze e delle virtù. Ogni Paese ha le sue qualità».

La Serbia è un centro di gravità permanente per moltissimi sport. E chi se non Djordjevic, fresco campione d’Italia sulla panchina della Virtus Bologna, uomo-simbolo della sua Jugoslavia da giocatore (argento olimpico nel ’96), da ct del basket (argento a Rio 2016), può dirci cosa aspettarci da questo doppio scontro a Tokyo2020. Oggi Italia-Serbia nella pallavolo femminile e nella pallanuoto maschile: che succederà? «A pallanuoto vinciamo noi. A pallavolo non lo so, ma le nostre ragazze hanno una voglia pazzesca. Sono fatte di fuoco».

La pallavolo le piace?

«Certo. E poi Zoran Terzic, il ct, è un amico. Sarà una bella partita. Possiamo fare bene».

E poi la pallanuoto: voi campioni olimpici, noi del mondo.

«Il ct Savic ha dato continuità. L’Italia è cresciuta con la scuola Jugo, con Rudic che ha portato una mentalità diversa, allenament­i duri, un fuoco diverso».

Ancora il fuoco.

«E’ parte della nostra storia come Paese, di come ci siamo costruiti come popolo. Negli sport con il pallone l’attacco ti porta a vincere le partite, la difesa ti porta a vincere i titoli e le medaglie».

E’ una forza a livello culturale? «Non siamo mai andati oltre i nostri confini ad attaccare, ma ci siamo sempre difesi. Con grande coraggio, abbiamo sempre difeso la nostra terra. E questo entra anche nello sport».

E cosa succede?

«Che ti rivolgi alla prima persona vicina a te, ai famigliari, agli amici. Siamo sempre stati grandi a creare amicizie profonde. E questo ci ha dato tanti risultati. Gli sport con il pallone sono anche fatti di piccoli imbrogli. Prendi il basket: guardi in basso e la passi in alto, guardi a sinistra e la dai a destra. Questo vuol dire che nonostante le difficoltà, la povertà e gli embarghi non è mai venuta meno la grande voglia di scherzare, di giocare con gli amici, i tuoi fratelli».

E poi la cultura del lavoro, altro tratto caratteris­tico.

«La disponibil­ità a lavorare oltre ai soliti orari. Eravamo ossessiona­ti dai dettagli. La nostra scuola, quella della pallacanes­tro specialmen­te, è basata su quello».

Lei che rapporto ha con i Giochi? «E’ il massimo nella carriera di uno sportivo. Quando gli americani presentano un ex atleta dicono è un olimpico. Vuol dire che se sei arrivato a rappresent­are il tuo Paese a un’Olimpiade hai fatto il massimo».

Il suo primo ricordo?

«Mosca 1980. Guardavo le partite con mio padre. Abbiamo vinto l’oro. Lì ho pensato: “Voglio essere un giocatore di basket, voglio fare questo”. Poi è successo».

E da giocatore?

«Ho molti ricordi. Uno brutto. Nel 1988 mi volevano operare all’anca per un’artrosi. Sono stato quattro mesi sulle stampelle. Ma a quei Giochi avrei voluto esserci: erano i primi, avevo vent’anni. Nel 1992, a Barcellona, ci diedero embargo. Eravamo pronti a giocare contro gli Usa, contro il Dream Team: due mesi di lavoro e poi niente. Abbiamo dovuto aspettare il ’96 e quella finale con gli Stati Uniti persa che ancora brucia. Da allenatore a Rio giocammo una grande Olimpiade e arrivammo in finale contro gli Usa. Sono molto orgoglioso di quella medaglia».

Nello sport conta il fisico o il talento?

«Contano entrambe le cose. Ma il fisico sempre di più».

Che idea si è fatto di Tamberi e Jacobs?

«Gli atleti sono questi gladiatori moderni che non mollano mai. Vedi Tamberi, quando ho visto il gesso che ha portato in pedana ho capito la sua gioia. Sono felice per lui. Mi congratulo con tanta ammirazion­e. Come per Jacobs. La sua non è solo un’impresa storica, è qualcosa di cui ci renderemo conto tra moltissimo tempo».

«Nella pallanuoto vinciamo noi Anche nel volley possiamo far bene»

«Le nostre ragazze hanno una voglia pazzesca e sono fatte di fuoco»

E l’Italia del basket?

«Ha fatto un preolimpic­o straordina­rio. Io, come tutti, pensavo che l’avrebbe vinto la Serbia. L’Italia ha giocato una grande Olimpiade».

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La fenomenale opposto serba Tijana Boskovic, 24 anni
Il difensore serbo Nikola Dedovic, 29 anni, contro la Croazia
CIAMILLO GETTY IMAGES GETTY IMAGES Sasha Djordjevic, 53 anni La fenomenale opposto serba Tijana Boskovic, 24 anni Il difensore serbo Nikola Dedovic, 29 anni, contro la Croazia

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