Los Angeles quel giorno “italiano”
Il 4 agosto del 1932, Pavesi nel ciclismo e Beccali nell’atletica trionfarono a distanza di poche ore
Ottantanove anni fa, esattamente il 4 agosto 1932, la stampa statunitense (scritta e parlata) annunciava al mondo che quel giorno si dovesse chiamare Italian Day, questo per il semplice motivo che a poche ore di distanza gli azzurri si erano aggiudicati medaglie d’oro nel ciclismo su strada e sui 1.500 nel Coliseum Stadium.
Nella 100 km ciclistica, prova disputata attorno a Santa Monica, si era affermato Attilio Pavesi. In realtà lui era partito come riserva e solo all’ultimo momento venne incluso fra i titolari. Al secondo posto si classificò Giuseppe Segato ed inoltre con l’apporto di Giuseppe Olmo e di Giovanni Cazzulani, l’Italia vinse il titolo olimpico a squadre. Olmo, classe 1911, in seguito industriale di successo con la sua fabbrica di bici, nel 1935 stabilì a Milano il record dell’ora, primo al mondo a superare i 45 km, con 45,090.
Luigi Beccali detto Ninì, sorprese tutti sulla gara dei 1.500 metri stabilendo il record olimpico con 3.51.2. Era allenato, incredibile a dirsi, da un professore universitario di veterinaria, il famosissimo Dino Nai che aveva introdotto nuove metodiche di allenamento. I dirigenti dell’atletica nazionale, preoccupati che gli atleti lavorassero troppo, li avevano confinati a Monghidoro, controllati dai carabinieri perché non si affaticassero troppo; tra parentesi va ricordato che il paese è quello nativo di Gianni Morandi che è conosciuto come appassionato maratoneta ma che fu avvicinato allo sport praticando il pugilato…
Questi trionfi azzurri ci suggeriscono di ricordare che ai Giochi della X Olimpiade di Los Angeles (il nome esatto è
Nuestra Señora Reina de Los Ángeles) l’Italia partecipò con 102 atleti. Tutti uomini. L’unica donna convocata, Ondina Valla, fu tenuta a casa per volere esplicito di Papa Pio XI, che ne parlò anche urbi et orbi, preoccupato che una donna sola dovesse affrontare un viaggio così lungo in compagnia di 102 uomini.
L’Italia vinse 36 medaglie: 12 d’oro, 12 d’argento, 12 di bronzo, piazzandosi perciò al secondo posto nel medagliere alle spalle degli Stati Uniti d’America. Praticamente un terzo dei nostri rappresentanti andò a medaglia.
Va sottolineato che l’alfiere della squadra italiana fu il grande campione tre volte olimpionico di marcia Ugo Frigerio che in quella Olimpiade, esattamente il 3 agosto, cioè alla vigilia dell’“Italian Day” si era classificato 3° nella 50 km di marcia, proprio lui che aveva trionfato tre volte in precedenti olimpiadi in distanze più brevi.
Il viaggio degli azzurri era stato in fondo assai faticoso. Partiti da Napoli sul Transatlantico Conte Biancamano, dopo 10 giorni di navigazione attraccavano a New York. Lì vennero accolti dalla comunità italiana capeggiata da Fiorello La Guardia, futuro sindaco della città e che durante la prima guerra mondiale aveva militato da volontario nella nascente aviazione italiana, fra l’altro fu il primo che ci rivelò i segreti del baseball.
Da New York si trasferirono a Los Angeles a bordo di un treno “azzurro” che impiegò 4 giorni per coprire il percorso, in quanto in ogni stazione si dovevano fermare per essere osannati dalle comunità italiane.
Ultima annotazione del tutto personale, il 5 agosto 1932 passando con mio padre sotto la sede del giornale “La Stampa” a Torino, leggemmo su una scritta luminosa che Luigi Beccali aveva vinto le Olimpiadi: in quel giorno mi ammalai irrimediabilmente dell’atletica Leggera.
In quella edizione partecipammo con 102 atleti, vincendo 36 medaglie!