Allarme Spalletti i numeri non tornano
A due settimane dal campionato il tecnico ha tre uomini in meno in organico rispetto a Gattuso
Questi sono gli effetti della pandemia, di due anni che in una Coppa Italia vinta hanno anche adagiato un settimo e un quinto posto, di Champions League dunque sfuggite, di un centinaio di milioni di euro evaporati nel nulla. Questa è la storia di un’altra stagione strana, da vivere con l’allure, le ambizioni e il monte-ingaggi d’una «Grande» e l’esigenza di allungare lo sguardo dentro il proprio portafoglio affinché non si scopra d’essere andati persino oltre se stessi e le proprie umanissime possibilità. Questa è una crisi internazionale, è di tutti, e nel suo «piccolo» - ma si fa per dire - appartiene anche al Napoli, che viaggia con i suoi stipendi multimilionari, gli impegni assunti di quel tempo (recente) favoloso e la consapevolezza attuale che tutto è cambiato, pure il benessere, e nel mezzo il lavoro a Castel di Sangro dove ieri ha fatto capolino anche il presidente Aurelio De Laurentiis.
BELLA EPOQUE. Questo è il 2021, l’estate in cui diventa necessario intervenire tagliando gli eccessi, ridimensionando un organico di trenta calciatori (ventisette in ritiro e Lozano, Mertens e Demme in infermeria) per non esagerare, per non accorgersi di aver accumulato uscite anche stavolta superiori alle entrate. Questo diventa il Napoli di Osimhen, l’ultima pazza idea (agosto 2021, ma non sembra ieri) ch’è costata cinquanta milioni di euro circa, il simbolo di una esuberanza economico-finanziaria schiacciata, quasi disintegrata, dal Covid e poi anche da un campionato pieno di buchi nove sconfitte e vari pareggi fatali - concluso perdendosi proprio sull’ultimo scatto e bruciando una fortuna.
ADDIO. Questo Napoli che Spalletti ha ereditato, che gli piace talmente tanto da spingerlo ad incatenarsi nel caso vada via qualcuno, resta una squadra «piena» e però anche incompleta, ha perduto, rispetto alla passata stagione, Bakayoko, Hysaj e Maksimovic, riferimenti d’un turn-over inevitabile pure in futuro, uomini dal minutaggio significativo (rispettivamente: 2661', 2143' e 2061') e vuoti che s’avvertono nella composizione d’una «pianta» che possa credere in qualcosa che sappia di nuovo di Champions League.
GLI INFORTUNI. Questa è anche la fotografia d’un momento in cui il destino ha deciso di scendere in campo e di farlo irrompendo con tackle rovinosi su Demme, su Mertens e su Lozano, sottraendo nel breve o medio termine a Spalletti
altre tre figure, queste persino centrali, per sviluppare immediatamente un’idea di calcio, la sua, ricca di aspirazioni, mica di velleità, di verticalità che insegua le stelle ed il sogno di potersi sentire legittimamente protagonista.
CERCANSI RINFORZI. Ma questo Napoli, che ha «sostituito» Hysaj con il rientro di Malcuit dalla Fiorentina e probabilmente spingerà Zanoli a maturare all’ombra dei grandi, aspetta anche Ghoulam, e intanto sa che servirebbe comunque un esterno sinistro, da aggiungere al centrale difensivo che se ne è andato con Maksimo
vic ed al mediano ch’è partito, e s’è portato muscoli e centimetri, con il congedo di Bakayoko.
DICA VENTITRE’. In questa estate disadorna, con gli echi d’un passato lontano (da Lavezzi e Hamsik a Quagliarella, da Cavani a Higuain, da Zielinski ad Osimhen, il ricordo più recente del dorato passato degli investimenti), il Napoli
ha trenta giocatori, alcuni da cedere, altri da valutare, qualcuno da rilanciare, e due vuoti comunque da colmare. A Spalletti ne servirebbero di meno: gli basterebbe poter dire ventitré (con almeno stopper e mediano inclusi), per scoprire d’essere completamente felice con questo Napoli. Il suo.