La medaglia dei pistard di Tokyo sembra fatta apposta per il rilancio di una passione languente C’ERA UNA VOLTA GANNA E C’È DI NUOVO A RIDARCI TANTA VOGLIA DI CICLISMO
Caro Cucci, sono reduce dalla visione in Tv, con emozione, dell’esaltante prova di Filippo Ganna e del quartetto azzurro. E per me che sono appassionato di ciclismo, Ganna rievoca antiche letture del ciclismo eroico, essendo stato Luigi il primo vincitore del Giro d’Italia. Ma anche Filippo richiama certi valori, perché in barba allo sport sempre più specialistico, lui vola su strada e su pista, come facevano i grandi, i grandissimi, che sapevano vincere a mani basse le classiche, i grandi giri e le Sei Giorni. Lei a chi paragonerebbe Filippo Ganna?
Caro Paolo, non tutti sanno - perdurando l’orgia pallonara - che un tempo il ciclismo che ti ha emozionato con l’impresa di Ganna & C era più popolare del calcio. Per me sicuramente. Nel 1949, quando volò via il Grande Torino che amavo, mi dedicai come tanti al Bartalismo, religione del tempo discussa dai protestanti del Coppismo incalzante. Per voi più giovani il nome di Filippo Ganna dice la bellezza della sua crescita a campione in un mondo che ne ha tanto bisogno; a me fa tornare subito alla mente Luigi Ganna, vincitore del primo Giro d’Italia nel 1909 che faceva parte della mia “scuderia” quando facevamo le gare con i tappini della birra Itala Pilsen. Non solo. La passione per i Campionomici, ni si tramutava in gesti pratici, come l’acquisto della prima bici che dava al ragazzo la prima licenza d’adulto: ebbi prima l’“Atala” con la quale correva il vincitore del Giro, poi la sua “Ganna” che costava di più e infine la “Bottecchia” verde che mi accompagnò fino alla prima “Lambretta”. A “Stadio” ho cominciato per forza con il calcio (Serie D) ma ho toccato il cielo quando il direttore Luigi Chierici, storico bartaliano, mi mise alla prova col ciclismo mandandomi alla prima edizione della “Tirreno-Adriatico” del 1966, vincitore Dino Zandegù. Promosso, feci Tour e Giri. Confesso di aver seguito poco i pistard, dedicando attenzione curiosa alle imprese di Sante Gaiardoni - campione olimpico a Roma 60 - e cura professionale alle imprese di Antonio Maspes sbalorditivo sette volte campione del mondo. Poi basta, non per mia colpa ma incuria del settore. Per fortuna, a rendermi allegro il ricordo è intervenuto il mitico amico e collega Mauro della Porta Raffo che mi ha appena inviato questo delizioso scampolo del tempo che fu.
“Erano tempi quelli…
Non farò i loro nomi.
E se, malgrado i riferimenti non li riconoscerete, peggio per voi!
Parlo per cominciare di quel famoso industriale che per primo al mondo aveva capito quanto contasse lo sport come veicolo pubblicitario e praticamente sponsorizzava tutto nel campo con straordinari risultati, sì eco