Corriere dello Sport

Altezza e rapidità Firma gol e assist

Attaccante moderno, non soffre la marcatura, partecipa al gioco, svaria preferibil­mente sulla destra e conclude l’azione con efficacia

- Di Marco Filacchion­e

È un attaccante moderno, Tammy Abraham, in tutto e per tutto: per il fisico, per il bagaglio tecnico e anche per la fidanzata molto social. «Come diavolo fai a decidere di lasciare fuori il tuo miglior cannoniere in una finale?!», fu l'invettiva della seducente Leah Monroe lo scorso maggio, prima della finale di FA Cup che il Chelsea avrebbe giocato (e perso) con il Leicester. Il bersaglio era il tecnico Thomas Tuchel, che da tre mesi e mezzo aveva sostituito Lampard sulla panchina dei Blues, accantonan­do il ventitreen­ne attaccante londinese. Il passaggio da Lampard a Tuchel è stato in effetti traumatico per Abraham, che proprio nell'ultima partita del “suo” tecnico prima dell'esonero aveva rifilato una tripletta al Luton in FA Cup e sembrava lanciatiss­imo. Arrivato Tuchel, ha fatto qualche panchina, poi si è infortunat­o alla caviglia. E quando è tornato disponibil­e, si è ritrovato ai margini, definitiva­mente scalzato da Timo Werner: nelle ultime otto partite di Premier, Tammy è sceso in campo solo due volte, per complessiv­i 17 minuti, e in Champions ha visto dalla tribuna il trionfo dei suoi compagni nella finale con il City.

IDENTIKIT. Tuchel è ovviamente rimasto al timone e l'attacco dei Blues si è arricchito di un pezzo da novanta come Lukaku: normale che Abraham voglia cambiare aria; normale anche che non gli manchino le proposte, visto che al netto delle ultime difficoltà è un giocatore dai limiti ancora inesplorat­i. Alto oltre un metro e 90, ma rapido di gambe e piuttosto veloce, non ha paura della marcatura. Con l'avversario alle spalle sa proteggere il pallone e trovare soluzioni fulminee a beneficio degli inseriment­i dei compagni, e in questo davvero ricorda Dzeko, maestro in giocate del genere. È un destro, ma contrariam­ente alle tendenze moderne, non ama partire da sinistra per accentrars­i e andare al tiro con il piede forte. Piutnata tosto, svaria molto sulla destra, alla ricerca del diagonale o del cross basso. La porta la vede e come, basti pensare che lo scorso anno, malgrado i problemi di cui si è detto, è stato il miglior realizzato­re del Chelsea: 12 reti complessiv­e su 33 partite, stesso bottino di Werner che però di partite ne ha giocate 52. E nella stagione precedente, segnata da un inizio strepitoso (10 reti nelle prime 12 partite di Premier), i gol alla fine sono stati 18, non male vista l'età.

MATURAZION­E. Cresciuto nel Chelsea, è stato mandato per anni in prestito a “farsi le ossa”, come si diceva un tempo. Nella stagione passata al Bristol City ha messo dentro 23 reti in Championsh­ip, a 19 anni. Poi un passaggio non esaltante in Premier con lo Swansea (5 gol in 31 partite), seguito da una grande an

ancora in Championsh­ip con l'Aston Villa, terminata con la promozione in Premier e la bellezza di 26 reti personali. L'ultimo bomber dell'Aston Villa a superare le 20 reti era stato Peter Withe, centravant­i della squadra che nel 1982 strappò al Bayern una memorabile Coppa dei Campioni.

REAZIONE. Abraham è anche un ottimo rigorista, ma ha avuto la sfortuna di sbagliare proprio il penalty più pesante, nella Supercoppa Uefa del 2019, contro il Liverpool. Dopo l'1-1 maturato ai supplement­ari si andò sul dischetto. Segnarono tutti, da una parte e dall'altra, il decimo e ultimo rigore toccò a lui. Batté lento e centrale, una manna per Adrian, il portiere spagnolo che quel giorno sostituiva Alisson. L'errore scatenò gli idioti via social che vomitarono insulti razzisti, bollati come “ripugnanti” da un comunicato del Chelsea. «È stato il momento peggiore che ho vissuto nel calcio», ha ricordato tempo dopo. Poi tornò in campo e cominciò a segnare a raffica: 7 reti in tre partite di Premier. Così fanno i campioni.

Ottimo rigorista, fallì quello decisivo in Supercoppa. Reagì segnando a raffica

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