Spalletti, un attacco dalle mille sorprese
Insigne, Mertens, Politano, Lozano e Ounas: attorno a Osimhen tante opzioni per stupire
L’uomo che ad un certo punto della sua carriera, dovendo fare di necessità virtù, prese una squadra senza attaccanti e la trasformò quasi in una perfetta macchina da guerra, vestendo Totti da centravanti e lasciando che intorno a quel fenomeno girassero Perrotta, Taddei, Tommasi e Aquilani, ieri mattina, quando si è svegliato, ha improvvisamente scoperto di avere un Napoli che è pieno di punte, sono esterni di destra e di sinistra, sono disponibili ad inventarsi tante varie vite dentro una stessa partita, avvertono magicamente il richiamo della buon gusto, la definiscono in ampiezza o nella profondità, con l’atletismo, l’eleganza e l’estro che gli appartiene.
RIECCOLI. Mentre ricompaiono Lozano e Mertens con i loro 155 gol, che si vedranno più in là - il messicano in fretta, forse sin dalla prima o semmai dalla terza, e lo “scugnizzo” belga a settembre inoltrato - Spalletti sente il richiamo di un calcio che gli piace, eccome, che ha rappresentato un’idea persino d’un tempo che resta, seppur lontano, come un calco a cui rifarsi. Il Napoli che verrà, nelle sue variabili (in)dipendenti, sa di squadra multitasking, un modello di trasformazione che si spinge da destra a sinistra, poi viene dirottato in mezzo, si lascia orientare dal palleggio, dal movimento mai fine a se stesso, da una personalità tecnica che sta nei piedi, ovvio, ma innanzitutto nella testa.
LA GUIDA. Insigne è “il genio scaltro della bellezza”, un suono melodico che viene diffuso sostanzialmente a sinistra ma che poi si diffonde in quella centralità inseguita travestendosi da “falso dieci”, l’ispiratore di una trama che sconvolga, che consenta di avvicinarsi ad Osimhen, di entrare in contatto con Zielinski, di aprire la fascia a Mario Rui, di arrivare con quelle pennellate a Politano, a Lozano oppure a Ounas, così come accadeva con Callejon.
VOLANTI. Ma il Napoli può largheggiare, mutare il costume in scena e dunque la recitazione senza far scendere dal palco i suoi interpreti: è un teatro dell’arte che Politano può assecondare a destra o dall’altra parte, proprio come Lozano, e con el chuky, se dovesse servire, sistemarsi persino alle spalle della prima punta o, nel caso estremo, a lui sostituirsi, perché nelle corde ognuno ha una propria parte che può essere articolata in modi diversi.
E CIRO? Mertens ha già vissuto tante esistenze, dopo essere nato esterno ha scoperto - con Sarri di avere un cinismo del quale era inconsapevole: quando avrà sistemato la spalla, e ritrovato la sua vera anima che un po’ s’è spenta ed ha vagabondato nella normalità, il tiro a “Ciro” potrà rientrare tra i furti d’un autore che con scaltrezza s’è appostato nei sedici metri altrui, o anche decollare dal limite, in quelle opere d’arte (all’Olimpico con la Lazio, al “Maradona” quando era san Paolo con il Torino) e disegnare arcobaleni e speranze.
CLASSICI. Per i nostalgici, amanti d’un modello antico e mai superato, c’è Petagna, che riempie il settore, lo addobba di muscoli e di fisicità, sa di sponda o di sfondamento, d’alternativa; e poi nel modernismo partenopeo, rientra Osimhen, sveglio, svelto e rapido come una gazzella, che in ogni partita si presenta consapevole di dover correre più di quei “leoni” che gli stanno di fronte, per non essere sbranato. E Osimhen, volendo, sa persino diventare improvvisamente l’espressione anche vintage dell’attaccante, lasciandogli il campo per andarsene in contropiede. Sarà divertente e affascinante essere Spalletti, l'innovatore.