Insigne resta anche senza rinnovo
Il capitano potrebbe iniziare la stagione senza rinnovo con la prospettiva di un divorzio difficile da gestire
L’esterno sinistro in attesa di una chiamata del presidente De Laurentiis ha già fatto chiaramente capire qual è il suo desiderio: l’azzurro a vita
Quando mancano (appena) 323 giorni al d-day, che poi sarebbero 7.752 minuti, e mentre la lancetta scorre via velocemente e finisce per inghiottire il tempo, Lorenzo Insigne, sa bene di avere dentro di sé uno ed un solo desiderio, ripetutamente espresso: «Restare a Napoli, a vita, con la fascia di capitano». E vabbé, ci saranno anche silenzi da riempire, sistemando parabole arcuate nell’orizzonte vuoto, ma senza dirlo a nessuno, se non allo specchio, lo scugnizzo ha scelto di evitare i tormenti esistenziali, quei “tiraggiro” che proprio a lui non possono creare imbarazzo, smettendola di porsi sempre la stessa, ossessionante domanda sul proprio futuro. C’è meno di un anno da attraversare, è successo a chiunque, ne sono arrivati di esempi in quest’estate turbolenta a qualsiasi latitudine - da Donnarumma a Messi, c’è stato tutto un mondo che ha scoperto quali sensazioni scateni un divorzio dal proprio vissuto - e però il calcio sta cambiando: si può essere tranquillamente un “precario”, con il contratto in scadenza, convivendo in una normalità da affrontare con il sorriso sulle labbra “e lo sguardo dritto e aperto nel futuro”, come canterebbe Pierangelo Bertoli.
COSA ACCADRÀ. Bisognerà semplicemente lasciarsi scivolare addosso, ora, le prevedibili allusioni al primo umanissimo errore, quello che una volta sarebbe stato catalogato come scarabocchio di un artista e che invece poi, come tristemente potrebbe accadere, finirà per essere figlio di quella distrazione per una «disoccupazione» imminente. Ma l’uomo che una sera, mentre il Napoli stava per uscire dalla Champions, contro l’Athletic Bilbao, prima lanciò la maglia sulla panchina e poi la riprese per coprirsi le lacrime, si regalato due Coppe Italia e una Supercoppa, è divenuto Campione d’Europa, ha disegnato 109 capolavori, ci ha messo la faccia pure nelle fasi più aspre - a Reggio Emilia, primavera scorsa - è andato sul dischetto, non ha avuto paura di sbagliare un calcio di rigore e poi, subito dopo, di riprovarci, per dimostrare che il carattere abbonda almeno quanto la materia grigia ed il talento.
IO RESTO QUA. Intorno, in questo mercato che sa di poco e persino di nulla, si rimane soffocati dalla vaghezza del mercato, dalla scelta di evitare contorsionismi e di godersi, finché possibile, il focolare domestico: Napoli, per Insigne, è un cordone ombelicale al quale aggrapparsi ad oltranza e finché sarà possibile, è un panorama in cui perdersi da casa, è la tentazione di specchiarsi nelle acque di un mare dal quale non c’è intenzione di staccarsi. Per questo, e anche per altro, Insigne aspetterà che Adl s’avvicini - prima o poi - e l’inviti insieme al suo procuratore, Vincenzo Pisacane, a prendersi un caffè, a scambiare due chiacchiere, lasciando che quella frase («se mi dirà che si è stancato e vuole regalarsi un giro per l’Europa, allora andar via sarà stata una sua decisione») rappresenti un soffio d’aria per sparpagliare i fogli del contratto sul tavolo.
CASA SUA. Perché nei pensieri sparsi di Insigne, il tragitto dei sogni resta lo stesso e Napoli è sempre l’epicentro della sua evoluzione, il volano d’un finale di carriera che vorrebbe gli regalasse altri cinque anni anni il prossimo a cui aggiungerne altri quattro con il rinnovo - per afferrare, uno alla volta, prima Mertens, il re dei bomber di tutti i tempi che sta a 135, e poi Hamsik, che con 521 presenze ha scavalcato Bruscolotti e Juliano. Non si esce di scena proprio mentre, nel proprio piccolo, si sta per provare a costruire la storia.