Corriere dello Sport

Il Milan graffia la perla è di Diaz Il Cagliari rimonta due gol allo Spezia con Joao Pedro

Vizi e virtù dopo i primi 90 minuti di campionato Hanno vinto tutte tranne la Juve. Ma attenzione: il pari a Udine è figlio delle papere di Szczesny

- Di Roberto Perrone

L’ultima delle aspiranti Prime della Classe, il Milan, ha chiuso, vincendo, lo spezzatino della prima giornata.

Rossoneri consapevol­i e uniti nonostante le assenze di Kessie e Ibrahimovi­c

Nell’Inter non si è vista la mancanza di Conte, Lukaku e Hakimi Dzeko e Calha ben inseriti

Ronaldo non è un caso per i bianconeri: prima che un fuoriclass­e è un grande profession­ista

Nell’Atalanta emerge il pragmatism­o, quello di chi si adatta alle peggiori condizioni

Si vede già il lavoro di Spalletti: il Napoli evita gli sbandament­i, tiene e vince

L’ultima delle aspiranti Prime della Classe, il Milan, ha chiuso, vincendo, lo spezzatino della prima giornata. Tutte con tre punti, tranne una. A ognuna riserviamo un aggettivo per descrivere i primi novanta minuti. Un aggettivo e non una sentenza, perché, anche se il calcio vive lo spazio che passa tra una partita e l’altra, adesso è troppo presto per condanne e assoluzion­i. E dunque, partiamo dalla fine, dal Milan “compatto” e quindi continuo: sesta partita di campionato senza prendere un gol. Pioli ha assenze importanti, Kessie e Ibrahimovi­c, ma ha una squadra unita e consapevol­e. Molto attenta in retroguard­ia, con un portiere, Maignan, all’altezza della situazione. L’avversario, tra l’altro, la Sampdoria di D’Aversa, era uno dei più ostici tra quelli che hanno incrociato gli esordi delle Sette Sorelle. Tra queste, dunque, c’è una sorella mancante, l’unica senza vittoria. L’aggettivo per la Juventus è “criticata” (eccessivam­ente, avverbio). È vero, nel secondo tempo a Udine c’è stato un calo fisico/intenziona­le, imputabile peraltro al gran caldo e alla differenza di condizione tra i vari interpreti, ma siamo realisti: le occasioni dell’Udinese hanno coinciso con gli attacchi di paperite di Szczesny e sebbene Madama abbia difeso un po’ bassa, ha concesso quasi niente, ha colpito due pali e si è vista annullare un gol di Ronaldo per alcuni millimetri, decisione che ha fatto infuriare anche la combattiva sorella del portoghese. A proposito: esiste un caso Ronaldo? No, perché CR7 è uno straordina­rio profession­ista. Arriva presto, finisce tardi e non molla niente. Lo fa per se stesso, ma ci guadagna anche la squadra. Finché resta darà il meglio.

L’Inter avrebbe potuto essere definita “orfana” (di Conte, Hakimi e Lukaku) ma invece è stata “ereditaria”. Simone Inzaghi sta gestendo bene il lascito del tremendism­o contiano, con le evidenti correzioni. Squadra diversa, certo, ma c’è un’eredità evidente a cui i nuovi, almeno all’esordio, complice lo sparpaglia­to Genoa, hanno dimostrato di sapersi adeguare. Dzeko e Calhanoglu sembrano ben inseriti, non solo per le reti che hanno segnato, dettaglio non trascurabi­le, ma per la loro presenza armonica. A proposito di dettagli rilevanti, si è rivisto l’esubero Vidal, pure lui in gol. Tutti buoni segnali.

Gli stessi arrivati, paradossal­mente, considerat­a la partita ansimante giocata a Torino, dall’Atalanta. Vero, però solo qualche mese fa, una gara come questa, i fondamenta­listi giocatori di Gasperini l’avrebbero pareggiata (o addirittur­a persa). A sir Gasperson la prestazion­e non è piaciuta («non meritavamo di vincere» dixit), e non piacerà neanche l’aggettivo riservato alla sua squadra: cinica. Preferisce “pratica”? Il risultato è interessan­te proprio per l’emergere di questo atteggiame­nto pragmatico, da grande squadra che sa adattarsi alle peggiori condizioni (soprattutt­o le proprie).

Nella Lazio di Maurizio Sarri abbiamo cercato subito il “sarrismo”. Una certificaz­ione di merito, ma anche una condan

na. Un allenatore non dev’essere per forza ostaggio della sua ideologia. Forse per questo sta cercando di evadere dal 4-3-3. In ogni caso, per ora, l’importante è non perdere i contatti con i parenti stretti e quindi l’aggettivo per la Lazio è “costruttiv­a”.

La Roma ha un gancio con l’Inter e non solo per la presenza di José Mourinho in panchina, che lasciò l’Italia nel 2010 con il Triplete nerazzurro ed è tornato dopo 11 anni per far sognare i tifosi della “Maggica”. Il gancio riguarda i nuovi: come Cahlanoglu e Dzeko, Abraham e Shomurodov sono apparsi subito in sintonia con il progetto e con i compagni. L’aggettivo che accompagna la prima uscita gialloross­a è “solida”. Davanti alla Fiorentina risalente, che aveva pareggiato e aggiunto la parità numerica con l’espulsione di Zaniolo, la Roma dello Specialone non si è disunita, ma ha ragionato, giocato, vinto. Il primo Napoli di Luciano Spalletti è “stabile”. Stare in 10 per un’ora, con l’espulsione del tuo giocatore-vetrina, vedere il tuo campione d’Europa sbagliare un rigore, poteva provocare sbandament­i decisivi. Invece la squadra ha tenuto e ha vinto. Certo, di fronte c’era la matricola Venezia, ma quello che conta è l’atteggiame­nto. E Spalletti, in questo senso, già lavorato bene.

L’aggettivo migliore per la Roma è: solida La sintonia dei nuovi con il progetto

Il sarrismo e la Lazio? Non deve essere per forza così E lui potrebbe evadere dal 4-3-3

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LAPRESSE Il gol realizzato da Brahim Diaz che ha deciso la sfida di ieri a Marassi
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