Victor e Nicolò devono gestire l’istinto giovanile
Espulsioni evitabili hanno condizionato l’esordio di Napoli e Roma nonostante le rispettive vittorie
Persino Johan Cruijff, uno dei profeti del calcio moderno, professore di tecnica individuale applicata al rettangolo verde, precisava che innanzitutto «il calcio si gioca con la testa. Se non hai la testa, le gambe da sole non bastano». Oggi, in un football ultracompetitivo e così attento ai minimi dettagli, se possibile queste parole valgono ancora di più. Le partite vengono preparate sempre più spesso, a livello collettivo e individuale, con l’aiuto di veri e propri team multidisciplinari, tra match analyst e mental coach (tutte figure professionali rigorosamente anglofone, senno che progresso è?): una cura minuziosa, tattica e psicologica, che non lascia nulla al caso e punta a formare un calciatore a 360 gradi riducendo al minimo brutte sorprese ed inconvenienti. Inconvenienti, tuttavia, capitati in questa prima giornata di campionato a Victor Osimhen e Nicolò Zaniolo, che rispettivamente al 23esimo e al 52esimo minuto hanno lasciato le proprie squadre in dieci uomini per falli di stizza o di eccessiva foga.
MILIONI DI OCCHI VI GUARDANO. In comune un elemento: quella volontà tutta giovanile di spaccare il mondo, irruenza fisica perché mentale non sempre facile da canalizzare, da gestire, penalizzante però per tutta la squadra in uno sport in cui è il collettivo ad essere soggetto. Tralasciando qui la fiscalità dei provvedimenti - forse eccessiva soprattutto nel caso dell’attaccante nigeriano, che ora rischia un paio di giornate per non aver capito che il calcio assomiglia sempre più a uno spettacolo di gala - è il gesto alla base che fa riflettere. L’incapacità di controllarsi, la mancanza di lucidità che non può più essere giustificata per dei calciatori fatti e finiti, leader o comunque riferimenti in campo dei propri club. I cartellini rossi di Zaniolo e Osimhen, e questo è il punto, non riguardano solo Zaniolo e Osimhen, bensì due squadre, due società, milioni di tifosi: riguardano l’esordio di campionato in due piazze calde, tanto appassionate quanto masochiste, abituate ai processi pure per direttissima. Come ha detto Luciano Spalletti al termine della partita: «giochiamo per 40 milioni di napoletani in giro per il mondo». Onori ed oneri, ed è sempre bene ricordarlo.
BUONA FEDE. Che poi sia chiaro, a proposito di processi, qui non intendiamo certo trascinare sul banco degli imputati Osimhen o Zaniolo, che comunque avrebbero la fondamentale attenuante di aver (re) agito in buona fede: il primo con una sbracciata insofferente ma non cattiva né violenta; il secondo con un fallo di rincorsa dettato dalla volontà di riprendere il pallone, di dimostrare impegno ed attaccamento per di più dopo un lungo infortunio. Eppure, anche solo assistendo al tentativo di recupero di un Zaniolo già ammonito, si aveva la netta sensazione che potesse arrivare il secondo cartellino: la dinamica era quella, fin troppo evidente per chi è abituato a masticare un po’ di pallone, e il risultato preventivabile. Su questo allora ci preme interrogarci, sul tema del controllo del singolo calciatore, a maggior ragione in un percorso di crescita che non si può limitare ai soli mezzi fisici o tecnici. È invece un discorso di consapevolezza e di educazione, fisiologico ma necessario.
IL RACCONTO DI MOU. L’importante, e qui ci avranno pensato proprio Spalletti e Mourinho, è che sia passato il messaggio e con esso la lezione – aiutata stavolta dalla sorte, dalla bravura dei compagni e soprattutto dal risultato finale. Altrimenti si finisce come con Balotelli, e con quell’episodio che lo stesso Special One visse sulla panchina dell’Inter e raccontò anni fa alla CNN: «c’era una partita a Kazan per la Champions. Tutti gli attaccanti erano infortunati, Milito, Eto’o, avevo solo Mario. Al 42-43’ prende un giallo, così negli spogliatoi passo 14 dei 15 minuti a parlare solo con Mario: “Mario non posso cambiarti: non toccare nessuno, non reagire. Se qualcuno ti provoca, non reagire; se l’arbitro sbaglia, non reagire. Mario, per favore”. Minuto 46: cartellino rosso».
Due elementi molto importati per i due club devono crescere anche in personalità
L’aneddoto di Mou con Balo all’Inter: «Caro Mario, evita il rosso... Espulso»