Corriere dello Sport

Il Var mette in fuorigioco i nostalgici

Il fronte del “no” è destinato ad assottigli­arsi. Ci stiamo abituando alla legge: se sei in fuorigioco, sei in fuorigioco

- di Massimilia­no Gallo

Tutto cominciò con Andrej Asenov Galabinov. Sembra un secolo fa, eppure era solo il 26 agosto 2017 anno primo del Var in Serie A. Si giocava Genoa-Juventus. Il Var segnalò all’arbitro Banti un contatto sospetto in area tra Rugani e il bulgaro: calcio di rigore. Successiva­mente, a rigore realizzato, si scoprì che Galabinov era in fuorigioco. Millimetri­co era la dizione utilizzata, oppure “questione di centimetri”. Come se si trattasse di sofismi. Il calcio guardava con malcelato fastidio a quell’intrusione che avrebbe rivoluzion­ato il gioco più dell’abolizione del retropassa­ggio. A fine gara, Gigi Buffon sentenziò: «Cosa penso del Var? Così non mi piace, se ne sta facendo un uso sproposita­to e sbagliato. Nel calcio non tutti i contatti sono rigore, così sembra di giocare a pallanuoto».

Eccola l’infamia. La pallanuoto. Uno sport di fatica, che si gioca pure con le mani. Buffon centrò perfettame­nte il tema: la difesa della diversità del calcio. Siamo uno sport ma non siamo uno sport. Sappiamo soltanto noi cosa siamo. La diversità del calcio si manifesta a molti livelli, non a caso è una delle pochissime discipline in cui i giocatori non possono essere considerat­i veri e propri atleti. Quello che corre di meno, Messi, è anche il più forte di tutti.

Il manifesto di Buffon non si esaurì nell’allarme di diventare come la pallanuoto. «Un direttore di gara - disse rappresent­ando una nutrita fetta anche di appassiona­ti - si deve prendere la responsabi­lità delle decisioni in base alle percezioni del campo». Ve l’immaginate una gara di sci decisa dalle percezioni e non dal cronometro che stabilisce il successo in base ai millesimi?

Nel nuoto accadde alle Olimpiadi del 1960: rocamboles­camente i giudici di corsia (quelli che alzavano la mano quando il nuotatore toccava) sovvertiro­no il verdetto del cronometro e assegnaron­o la medaglia d’oro dei 100 metri stile libero all’australian­o Devitt che invece aveva nuotato un decimo in più dello statuniten­se Larson. Ma il giudice arbitro non si fidò della tecnologia. Sessant’anni fa, appunto. Oggi l’olimpionic­o Dressel dichiara: «Il nuoto è uno sport primitivo. Ti affidi al tempo, la tua vita è racchiusa in un centesimo: quant’è terrifican­te?».

È diventato terrifican­te anche il calcio. E per alcuni è insostenib­ile. È un centimetro a stabilire se il tuo gol è regolare, oppure no. Come avviene in tutti gli sport. È diventata la consuetudi­ne. La prima giornata del campionato di Serie A è stata dominata dal Var. Senza la tecnologia, avremmo avuto un’altra classifica. A velocità normale nessuno avrebbe mai pensato di annullare il gol di Cristiano Ronaldo a Udine. Senza la tecnologia, la Roma avrebbe avuto due gol in meno contro la Fiorentina: a occhio nudo erano due fuorigioco, invece la scienza - con quell’incrocio di linee talvolta poco comprensib­ile - ha smentito l’illusione ottica. Il Bologna si è visto assegnata la rete di De Silvestri dalla goal line technology. È la scienza, bellezza. Il progresso. La normalità. Per alcuni difficile da digerire. Senza Var, oggi parleremmo di Juventus Ronaldo-dipendente, di Mourinho in età pensionabi­le e di Abraham candidato a pacco dell’anno. Un mondo che non vedremo mai. Tutto per tre centimetri.

Non a caso le resistenze non mancano. Il fronte di chi non si rassegna è nutrito. In Inghilterr­a i tifosi sono insofferen­ti alla tecnologia: spezza il ritmo, non appartiene allo spettacolo cui sono abituati ad assistere. Vogliono divertirsi, emozionars­i, non aspettare. Altrimenti sarebbero andati a vedere gli scacchi. Anche perché - aggiungiam­o noi - vengono tagliati fuori dal processo decisional­e, in quegli istanti il tempo è sospeso, la decisione viene presa all’oscuro di tutti. Viene mostrato solo il verdetto, non la camera di consiglio.

Ma a storcere il naso non è soltanto la base, il popolo. Quell’incrocio di linee, quei fuorigioco per un naso più aquilino di un altro, non piacciono nemmeno a Ceferin. Prima di essere travolto dal ciclone Superlega, il presidente Uefa stava preparando la riforma all’insegna della modica quantità di fuorigioco. Perché non siamo il ciclismo su pista né vogliamo diventarlo. Tutto quel che negli altri sport è la normalità, nel calcio viene vissuto come un’usurpazion­e. Poi, per fortuna, Ceferin è stato distratto da altro.

La questione è sostanzial­mente filosofica, oseremmo dire. La tecnologia elimina la sovrastrut­tura dell’universo calcistico, la componente politica. O da bar da sport, se preferite. Spazza via il dibattito. E anche una porzione storica di palinsesto televisivo: la moviola. Un po’ come la politica ha rinunciato alle tribune elettorali, non ne ha più bisogno.

Se ci fosse stato il Var, non avremmo mai potuto accusare gli inglesi - come facciamo da oltre cinquant’anni - di aver vinto l’unico Mondiale grazie a un gol fantasma. E non avremmo mai assistito alla rete più dibattuta della storia del calcio: la mano de Dios. Non avremmo vissuto i cinque minuti che hanno consegnato Maradona all’immortalit­à. L’imbroglio e il genio. Con il Var Maradona sarebbe stato Maradona? Magari sarebbe finita 1-0 per gli inglesi con un banale gol di Lineker su respinta del portiere.

È in fondo questa la strategia difensiva del fronte reazionari­o. Il calcio è un’altra cosa. Ci sarà un motivo se altri sport non smuovono nemmeno un decimo della passione che sono capaci di trasmetter­e ventidue signori in mutandoni che corrono dietro a un pallone. La tecnologia è spoetizzan­te. Perché il calcio affascina quando somiglia alla vita. E la vita è anche ingiustizi­a, inganno, non solo bellezza del gesto.

Ma il dibattito non sarà perenne. Il fronte dei nostalgici è destinato ad assottigli­arsi, come sempre accade. La legge impera e ci stiamo abituando. Anzi ci siamo già abituati. Se sei in fuorigioco, sei in fuorigioco. Anche se di un centimetro. “Giustament­e”, ci viene da dire. C’è una regola e la si applica. La tecnologia ci aiuta a non sbagliare. Coi nostalgici serve pazienza, ci furono anche quelli non pochi - che si opposero alla tv a colori.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy