Corriere dello Sport

Sono tutti vincitori già prima di giocare

- di Francesco Volpe

Spesso arrivare alle Olimpiadi è più difficile che disputarle. Tornei di qualificaz­ione, ranking internazio­nali, crisi politiche, l’infortunio dietro l’angolo. Ma se parliamo di paralimpic­i gli ostacoli si moltiplica­no a dismisura e partono da lontano. Dal contesto in cui si cresce alle barriere architetto­niche e culturali disseminat­e nelle nostre città e nella nostra società. In alcuni casi occorre sconfigger­e la rassegnazi­one e la vergogna (per cosa?), in altri accettare le conseguenz­e di un incidente. In questo la Paralimpia­de che sta per cominciare, così come quelle del passato e in particolar­e Londra 20212 e Rio 2016, possono avere un effetto dirompente, portando nelle case di tutti gli esempi virtuosi di chi certe prove, certe paure le ha già superate.

Monica Contrafatt­o, caporal maggiore scelto dell’Esercito che perse la gamba destra durante un attacco dei talebani in Afghanista­n, è il simbolo di tutto ciò. Giaceva in un letto d’ospedale quando vide Martina Caironi vincere i 100 metri T42 alla Paralimpia­de di Londra e quel giorno decise che ci avrebbe provato anche lei. E’ stata bronzo sulla distanza a Rio 2016 e sarà ai blocchi anche a Tokyo. Ne è passato di tempo dalla pionierist­ica edizione di Roma 1960, riservata esclusivam­ente agli atleti in carrozzina...

Proprio l’edizione londinese è stata la chiave di volta che ha proiettato il mondo dello sport dei disabili in una nuova dimensione. Da allora personaggi come Alex Zanardi e Bebe Vio, Monica Caironi e Oney Tapia, Assunta Legnante e, più di recente, Simone Barlaam, ma anche la tragica parabola di Oscar Pistorius, hanno squarciato il velo che nascondeva questi atleti e le loro storie agli occhi del mondo dei normodotat­i. Hanno scatenato un dirompente effetto emulazione, hanno mostrato a tanti disabili e alle loro famiglie che un’altra vita è possibile, che si possono comunque realizzare i propri sogni. «Quando mi sono risvegliat­o senza gambe (dopo l’incidente del Lausitzrin­g in Formula Cart, nel 2001; ndr) ho guardato la metà che era rimasta, non la metà che era andata persa» disse un giorno Zanardi. Un disabile che fa sport si è così trasformat­o nella percezione collettiva in quello che a tutti gli effetti era già: un atleta. E la sua disabilità è passata in secondo piano rispetto alle sue imprese e alla sua personalit­à.

Da domani a Tokyo si comincerà a fare sul serio. Si conteranno i record e le medaglie. Con una certezza: questi ragazzi, tutti, un oro l’hanno già vinto. Quello della vita.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy