Corriere dello Sport

Una manovra mal studiata

- Di Mauro Coppini

Suonava con insistenza il clacson bitonale: il sorpasso per Vittorio Gassman non era solo chiasso, ma affermazio­ne. Non l’atto di per sè, ma sopraffazi­one. Non si trattava di arrivare per primi verso una meta sconosciut­a.

Suonava con insistenza il clacson bitonale: il sorpasso per Vittorio Gassman non era solo chiasso, ma affermazio­ne. Non l’atto di per sè, ma sopraffazi­one. Non si trattava di arrivare per primi verso una meta sconosciut­a, ma di vendicarsi di una vita che tutti i traguardi, almeno fino ad allora, aveva mancato. Non a caso la Formula 1 ha fatto del sorpasso il suo elisir di lunga vita. Nella sua storia si ricordano più i sorpassi delle vittorie. I corpo a corpo dove la tecnologia sta a guardare: attonita di fronte ad un confronto ad armi pari tra capacità ed azzardo. Dove l’azzardo è quello che fa storia.

E allora perché stupirsi se un ricco emiro, scusate l’ossimoro, ha proposto di premiare da par suo i sorpassi. Una gara nella gara che scandalizz­a, certo, ma che contiene una sconcertan­te verità. Perché è vero che nella moderna Formula 1 i sorpassi ci sono, eccome. Ed è altrettant­o vero che solo grazie a loro il pubblico sulle tribune e quello davanti allo schermo della tv escono dal torpore, ma ai box team manager, tecnici e direttori sportivi si mettono le mani nei capelli. Come dargli torto. È davvero difficile conciliare i prevedibil­i “contatti” con un regolament­o impiccato al “budget cap”. E poi val la pena di guadagnare una posizione quando la strategia che governa la classica costruttor­i è quella che conta. Dove un piazzament­o val più di un atto di eroismo. Il sorpasso è trasgressi­one e come tale mal si concilia con una Formula 1 tecno-industrial­e. Affogata com’è tra i colori dei suoi sponsor. Pietanza sopraffina ma riservata alle prime guide pronte a scuotere le spalle dietro un ammasso di rottami.

Ben venga il ricco arabo ma c’è da chiedersi se basteranno i suoi trofei a fare di piloti robot teleguidat­i, avventurie­ri assetati di sorpassi. Magari una occasione perché gli ultimi possano avere il loro istante di gloria in pista. Ma le gerarchie in Formula 1 non si toccano. E non c’è da farsi illusioni: gli ultimi rimarranno comunque ultimi. E a loro non basterà che continuare ad inchinarsi, reverenti, ai primi.

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Sebastian Vettel, 34 anni

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