Una manovra mal studiata
Suonava con insistenza il clacson bitonale: il sorpasso per Vittorio Gassman non era solo chiasso, ma affermazione. Non l’atto di per sè, ma sopraffazione. Non si trattava di arrivare per primi verso una meta sconosciuta.
Suonava con insistenza il clacson bitonale: il sorpasso per Vittorio Gassman non era solo chiasso, ma affermazione. Non l’atto di per sè, ma sopraffazione. Non si trattava di arrivare per primi verso una meta sconosciuta, ma di vendicarsi di una vita che tutti i traguardi, almeno fino ad allora, aveva mancato. Non a caso la Formula 1 ha fatto del sorpasso il suo elisir di lunga vita. Nella sua storia si ricordano più i sorpassi delle vittorie. I corpo a corpo dove la tecnologia sta a guardare: attonita di fronte ad un confronto ad armi pari tra capacità ed azzardo. Dove l’azzardo è quello che fa storia.
E allora perché stupirsi se un ricco emiro, scusate l’ossimoro, ha proposto di premiare da par suo i sorpassi. Una gara nella gara che scandalizza, certo, ma che contiene una sconcertante verità. Perché è vero che nella moderna Formula 1 i sorpassi ci sono, eccome. Ed è altrettanto vero che solo grazie a loro il pubblico sulle tribune e quello davanti allo schermo della tv escono dal torpore, ma ai box team manager, tecnici e direttori sportivi si mettono le mani nei capelli. Come dargli torto. È davvero difficile conciliare i prevedibili “contatti” con un regolamento impiccato al “budget cap”. E poi val la pena di guadagnare una posizione quando la strategia che governa la classica costruttori è quella che conta. Dove un piazzamento val più di un atto di eroismo. Il sorpasso è trasgressione e come tale mal si concilia con una Formula 1 tecno-industriale. Affogata com’è tra i colori dei suoi sponsor. Pietanza sopraffina ma riservata alle prime guide pronte a scuotere le spalle dietro un ammasso di rottami.
Ben venga il ricco arabo ma c’è da chiedersi se basteranno i suoi trofei a fare di piloti robot teleguidati, avventurieri assetati di sorpassi. Magari una occasione perché gli ultimi possano avere il loro istante di gloria in pista. Ma le gerarchie in Formula 1 non si toccano. E non c’è da farsi illusioni: gli ultimi rimarranno comunque ultimi. E a loro non basterà che continuare ad inchinarsi, reverenti, ai primi.