Shomurodov, il calcio nel sangue
Viene da una famiglia di calciatori, sognava di essere come il padre: lo ha superato. Vuole portare l’Uzbekistan a giocare un Mondiale
Il calcio è da sempre la sua passione, sin da piccolo. Eldor Shomurodov è nato in una famiglia di calciatori. Due zii, il padre, diversi cugini. Eldor è nato a Jarkurgan, ma poi la sua famiglia si è trasferita a Tashkent, estremo sud dell’Uzbekistan, 300 chilometri da Samarcanda, la città più importante sulla via della Seta, l'antica via commerciale che collegava la Cina al Mediterraneo. Una famiglia di calciatori. Il padre è stato un bravo attaccante e sin da bambino Eldor sognava di diventare come lui. Oggi è fiero di averlo superato. Gli Shomurodov formano una famiglia molto unita. Quando Eldor torna a casa per le festività si ritrovano tutti insieme e sono veramente tanti. Ogni volta puntualmente spunta un pallone e si ritrovano a sfidarsi su un campo di calcetto, sette contro sette e non sempre vince la squadra di Eldor, ci sono altri giocatori forti. Non ha mai pensato di fare altro, così come il suo chiodo fisso è stato sempre il gol. Ha sempre giocato da attaccante, anche se qualche allenatore gli ha chiesto compiti più difensivi e in Nazionale ha giocato qualche partita da centrocampista. L’obiettivo è il gol, da fare o da far fare. In Uzbekistan è un’istituzione, uno dei personaggi più famosi del suo Paese, che vuole portare al Mondiale.
È nato per il pallone, lo ha vissuto fin da piccolo Ecco chi è l’attaccante che sta facendo entusiasmare la Roma giallorossa E anche il suo Paese
ISTITUZIONE UZBEKA. Ha un fratello, una sorella, la moglie Omina e il piccolo Mustafo, nato il giorno di Genoa-Milan, il 16 dicembre 2020. In quella partita Shomurodov giocò titolare, propiziò la prima rete di Destro e al primo giorno liberò volò a Tashkent per conoscere suo figlio. In lui si rivede quando era bambino, anche lui giocherà a pallone. Eldor non ha hobby particolari, si muove con l’auto aziendale messa a disposizione dalla società. Era così anche a Genova. Lo scorso anno aveva la maglia numero 61, era il numero della regione dell’Uzbekistan nella Russia. Il 14, che è il suo numero da sempre, era occupato, lo aveva al Rostov e lo ha ripreso alla Roma. E’ molto legato alle sue origini. Sa di avere molti tifosi ai quali vuole regalare grandi soddisfazioni. Ieri alla conferenza stampa di presentazione c’era l’ambasciatore plenipotenziario e straordinario Otabek Akbarov, accompagnato da due funzionari. Eldor, dopo averli accompagnati a visitare il centro sportivo di Trigoria, gli ha regalato una sua maglia autografata. I suoi idoli da ragazzo erano Fernando Torres e Drogba, ai quali non ha mai avuto il piacere di poter chiedere un autografo. Non ha hobby particolari, trascorre molto tempo con la sua famiglia e comunica in molti modi anche con quella di origine in Uzbekistan.
IL CALCIO È TUTTO. «Nel calcio non ci sono cose poco importanti», ripete spesso Eldor. E’ molto concentrato in allenamento. Studia l’italiano, ora lo capisce, lo parla un po’, guarda la tv per abituarsi alla lingua. Ha sostituito il plov, piatto tipico uzbeko con riso pilaf, pollo o agnello, con i risotti italiani, che adora. Ha già trovato casa, dalle parti dell’Eur, mentre a Genova abitava in Corso Italia, la strada che si snoda per due chilometri sul mare e collega il quartiere della Foce con il borgo marinaro di Boccadasse. Quando