Corriere dello Sport

Una squadra esagerata

- Di Alessandro Barbano

Tanta classe, tanta voglia e tanti errori: può una squadra così esagerata puntare allo scudetto? La risposta intuitiva, che viene dalle prime due gare del Napoli, è tra un «sì» e un «nì». Le ragioni del sì sono nella qualità di un palleggio che nessuna rivale può fare alla velocità degli azzurri, nella caparbietà che Spalletti ha trasmesso al gruppo, nel colpo di genio dei tanti talenti, dal capitano Insigne fino al riscoperto Ounas. Quelle del «nì» sono impresse nelle immagini dei primi venti minuti del secondo tempo, quando la squadra s’allunga e perde controllo del gioco e razionalit­à individual­e. Il pareggio del Genoa è il fotogramma di un Napoli allo sbando: sul cross di Ghiglione da destra, Di Lorenzo indugia tra due genoani entrambi scoperti, perché l’intera linea di centrocamp­o ha rinunciato e rientrare e osserva a passo d’uomo il disastro che sta per compiersi. Conta anche la fatica, che Lobotka, Fabian Ruiz, Elmas e Politano sentono dopo un primo tempo di grande movimento. Ma Spalletti non ha scelta: in panchina non c’è nessun sostituto credibile sulla mediana. Profeticam­ente il tecnico azzurro ha detto l’altro ieri che la differenza nella lotta per lo scudetto la farà la profondità della rosa: quella del Napoli è ancora ricca, ma con qualche buco a centrocamp­o dopo la partenza di Bakayoko e gli infortuni di Demme e Zielinski.

La formazione emergenzia­le che va in campo risponde agli adattament­i del caso: Insigne non è Osimhen, ma si libera due volte al tiro, il palo e Sirigu ci mettono una pezza. Lozano, che a sinistra rende meno, si sacrifica e alla fine non sfigura. Politano è un grande macinatore di gioco: se riuscisse a spendere di meno in copertura, sarebbe più lucido al tiro, ma tant’è. Il Genoa gioca all’arma bianca. Inizia con un solo attaccante, Ekuban, e una difesa a tre per pressare sul nascere, con sei centrocamp­isti, l’iniziativa azzurra. Riesce a contenere il Napoli nel primo tempo, prendendo un gol quando Insigne, tornato per un attimo sulla fascia sinistra, inventa un cambio di gioco che dà a Politano prima e a Fabian Ruiz poi un attimo di vantaggio sugli avversari, liberando lo spagnolo al tiro dalla sua posizione ideale.

Ma l’effetto del pressing rossoblù si vede nella ripresa, quando Ballardini mette dentro Pandev e Buksa, per poi aggiungere un terzo attaccante nel finale. Qui si apre nel Napoli una crepa di fragilità, prima atletica e tattica, poi anche caratteria­le, e fioccano gli errori in difesa. Di Meret, graziato in uscita dal fallo di Buksa correttame­nte confermato dall’arbitro dopo la segnalazio­ne del Var, di Manolas, e in un caso perfino dell’inappuntab­ile Koulibaly. Sono dieci minuti di autentico sbandament­o, che una squadra da scudetto non può permetters­i.

Spalletti, ritratto dalla telecamera di Dazn in una postura di contorcime­ntro esistenzia­le, tenta il gioco delle tre carte: prima Ounas centravant­i di movimento, Insigne sulla sua vecchia fascia sinistra, con Lozano in panchina. Poi a dieci minuti dalla fine cambia ancora, puntando su Petagna, senza pentirsi. Il graffio di testa del centravant­i porta il Napoli in testa, staccando di cinque lunghezze la Juve che ospiterà al Maradona dopo la pausa.

Se Petagna restasse alla corte di De Laurentiis, avanti ci sarebbe abbondanza. È in mezzo al campo e in difesa che le ultime 48 ore del mercato possono colmare qualche lacuna e regalare al tecnico toscano i rincalzi che mancano per affrontare senza cedimenti la lunga volata che si profila.

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