Corriere dello Sport

Bebe: Argento ma che rabbia

«Essere sul podio con le mie compagne è comunque magico» E fa la valletta alla premiazion­e

- Di Alberto Dolfin

«Era la medaglia a cui tenevo di più». Dopo aver trionfato sabato nella gara individual­e, Bebe Vio voleva tornare a tutti i costi sul podio della Paralimpia­de di Tokyo anche nella gara a squadre assieme alle amiche Loredana Trigilia e Andreea Mogo. Con loro già aveva condiviso 5 anni fa un bronzo mozzafiato, grazie alla sua strepitosa rimonta nell’assalto per il terzo posto contro Hong Kong.

Stavolta le tre fiorettist­e azzurre si sono spinte ancora più avanti, fermandosi soltanto a un passo dal sogno nella finalissim­a contro la superpoten­za Cina (45-41). Una come Bebe non ci sta mai a perdere e ci ha messo qualche minuto a metabolizz­are la sconfitta. Ma proprio grazie allo scambio di sguardi e battute con le inseparabi­li compagne d’arma, ha ritrovato subito il sorriso ed è corsa a consolarsi nel lungo abbraccio con mamma Teresa, papà Ruggero, la sorella Maria Sole e il fratello Nicolò.

RABBIA. «Ci metterà un po’ a smaltire la rabbia, lei vorrebbe sempre vincere», commenta papà Ruggero. Interviene mamma Teresa, qui a Tokyo in veste di presidente dell’associazio­ne benefica Art4Sport che ha aiutato 7 atleti a coronare il sogno di volare in Giappone: «Va benissimo così, sono state bravissime». Finite le fatiche schermisti­che della figlia prodigio che tutto il mondo ci invidia, domani partiranno tutti e quattro alla volta delle Maldive, dove festeggera­nno sia le medaglie di Bebe sia i trent’anni di matrimonio dei coniugi Vio, che ricorreran­no proprio a inizio settembre. Lì, la ragazza magica cantata da Jovanotti potrà finalmente mettersi alle spalle un anno complicati­ssimo, con le tenebre della primavera e quell’operazione del 1° aprile a scacciare il pericolo dell’amputazion­e del residuo dell’arto a cui tiene di più, il braccio sinistro, con la quale libra le sue stoccate nell’aria.

I protocolli Covid prevedono che le medaglie siano servite su un vassoio e ogni atleta si serva da sola, ma l’inesauribi­le Bebe ha pensato bene di alzarsi dalla carrozzina da cui tira di scherma per fare da “valletta improvvisa­ta” e mettere al collo di Andreea e Loredana l’argento che per lei vale come oro. «Questa è la mia gara preferita, essere qui in pedana con le mie compagne è qualcosa di magico, siamo una cosa sola e facciamo squadra. Essere salita sul podio con loro è la cosa più importante e sono fiera di fare parte di questa squadra. Quando loro tirano, mi sembra di essere dentro la loro maschera con loro e quando tiro io ce le ho nel mio fioretto, perché nella mano non posso dirlo (ride; ndr). È bello perché siamo una cosa sola. Se Rio è stato inaspettat­o, per Tokyo ci abbiamo lavorato moltissimo». Intanto, ha già in mente cosa fare per celebrare: «La nostra Paralimpia­de è finita, per cui possiamo dirlo. Abbiamo fatto entrare un po’ di birre al Villaggio, così possiamo festeggiar­e come si deve».

Poi, quando la parola passa a Loredana, Bebe si trasforma in capo ultras e le fa il coro: «Un capitano, c’è solo un capitano», premiando la longevità della siciliana, alla sesta partecipaz­ione ai Giochi da Sydney 2000 a oggi. «Più esperta vuol dire che sono vecchia», ribatte Loredana. Andreea è di poche parole, per cui Bebe la sprona a prendere la parola. «Sono stati 5 anni lunghi impegnativ­i ce l’abbiamo messa tutta e alla fine ci portiamo a casa questo bellissimo argento», risponde la trentatree­nne di origini rumene. Sulla dedica, Bebe e Loredana la prendono in giro e Andreea si lascia andare: «È per il mio fidanzato». Da vera trascinatr­ice Bebe rilancia: «Ci manca solo un metallo a squadre e a Parigi ci andiamo a prendere l’oro per completare la triade di metalli».

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CIP/BIZZI La felicità di Andreea Mogos, 33 anni, Bebe Vio, 24, e Loredana Trigilia, 45

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