Nuoto d’oro tre trionfi Vio d’argento
Pioggia di medaglie per gli azzurri in piscina Primato dei Giochi nei 50 sl S9 «Festeggerò mangiando sushi» Si diverte a disegnare squali
Mi manda Morlacchi. Cinque anni fa, Simone Barlaam guardava in televisione il compagno di allenamenti vincere medaglie a ripetizione a Rio, immaginando di essere accanto a lui in vasca in questi giorni a Tokyo.
Dopo aver sfilato dietro di lui nella Cerimonia d’apertura, il ventunenne meneghino della Polha Varese ha cominciato a seguirne le orme anche in vasca, il suo habitat naturale, in cui si sente un po’ come Nemo con la sua pinna trofica. Nato con un femore corto congenito, fratturato al momento del parto, Simone Barlaam nel corso degli anni ha subito dodici interventi chirurgici.
«Quando aveva 12 anni ha fatto l’ennesima operazione per un allungamento osseo e, non si sa come, ha preso uno stafilococco aureo e ha rischiato di perdere la gamba, proprio per un problema simile a quello occorso a Bebe quest’anno - comincia a raccontare papà Riccardo -. Dopo questo, è stato curato a Parigi, e per un anno ha dovuto prendere ogni giorno 12 pastiglie di antibiotici e due mesi di Vancomicina in circolo col catetere alla giugulare. Nel 2007, ci siamo trasferiti in provincia di Milano e Simone ha cominciato a fare scuola nuoto. Passato un anno, ci han detto che poteva fare agonismo a livello Fin, ma dopo pochissimo tempo, si era un po’ scoraggiato perché gli allenatori lo mettevano sempre da parte».
HOBBY. Così ha provato anche il triathlon, l’hobby di papà che di mestiere fa il giornalista, ma poi Simone è tornato al primo amore, dopo aver ritrovato la passione girando il mondo. Dodici allenamenti settimanali e un percorso di studi che lo ha portato a frequentare il quarto anno di liceo scientifico in Australia, dalle parti di Sydney, dove ha perfezionato il suo inglese, che ora sfoggia con orgoglio nelle tante richieste di interviste di questi giorni, visto che è segnalato come una delle stelle da tenere d’occhio a livello internazionale in questa Paralimpiade. «Eppure me la facevo sotto prima della finale, per fortuna è andata bene, anche se avrei potuto fare qualcosa meglio a livello di tempo», ha ammesso dopo aver trionfato nei 50 sl S9 col nuovo record dei Giochi (24”71) l’astro nascente del nuoto italiano, che è un grande appassionato di basket ed è cresciuto nel mito della «Mamba mentality» di Kobe Bryant.
SQUALO. Ha già fatto incetta di riconoscimenti nonostante la giovane età, l’Ambrogino d’Oro, ricevuto nell’autunno del 2019 dalla Città di Milano dopo essere stato eletto l’uomo dei Campionati ai Mondiali di Londra 2019 in cui l’Italnuoto paralimpica ha primeggiato nel medagliere. Quando non sfreccia in vasca, si diletta disegnando con la china l’anatomia umana e gli squali.
«Mia mamma starà piangendo davanti alla tv. Sono felice anche di tutti i messaggi dei miei amici australiani che mi hanno detto che per una volta avrebbero tifato per un italiano - ha commentato poco prima di salire sul podio dove poi è stato premiato dal presidente del Cip, Luca Pancalli -. Quando ero laggiù, ho nuotato con una squadra di normodotati e mi ha aiutato a crescere come atleta. Poi devo ringraziare i miei tecnici Max Tosin e Micaela Biava che mi hanno fatto crescere facendomi migliorare secondo le mie esigenze, assecondando la mia disabilità».
Come festeggerà? «Finite le gare, non vedo l’ora di andare al ristorantino sushi al Villaggio così faccio una bella mangiata». Lo squalo Barlaam ha ancora fame di medaglie.