Corriere dello Sport

«Gigio, una gogna»

Raiola e quei fischi di San Siro: «Indegni. E il Milan sempre muto»

- Di Ivan Zazzaroni

«Di quali colpe si sarebbe macchiato? In certe situazioni le responsabi­lità non sono di una parte sola. Deluso dal silenzio sullo striscione»

«Sono disgustato dai fischi a Gigio, e adesso mi chiedo perché il Milan non sia intervenut­o ufficialme­nte per prendere le distanze dalla contestazi­one, per difenderlo in qualche modo». Così Mino Raiola mercoledì sera, poco prima della fine del primo tempo di Italia-Spagna.

«Sono disgustato dai fischi a Gigio, e adesso mi chiedo perché il Milan non sia intervenut­o ufficialme­nte per prendere le distanze dalla contestazi­one, per difenderlo in qualche modo, dopo che su un ponte di Milano è comparso quell’ignobile striscione. Vogliamo parlare delle minacce? Ha per caso ammazzato qualcuno? Non mi risulta. La verità è che il Milan non ha saputo o potuto tenerlo, non fa molta differenza... Prova a chiedere a chiunque, se padre, cosa avrebbe consigliat­o al proprio figlio: restare al Milan o andare al Paris Saint Germain?».

Così Mino Raiola mercoledì sera, poco prima della fine del primo tempo di Italia-Spagna. Una telefonata inattesa, di getto e di pancia: tutta la rabbia dell’agente di calcio più popolare e impopolare, “aggressivo” e criticato del mondo, imitato anche (dai nuovi procurator­i); quello di cui si favoleggia­no commission­i monstre, l’uomo dei trasferime­nti e delle rotture più clamorosi: il diciannove­nne Pogba strappato a zero allo United nel 2012 e consegnato alla Juventus, Ibra dal Barcellona al Milan dopo una sola stagione e più recentemen­te Haaland dal Salisburgo al Borussia Dortmund, e da tempo si parla di un nuovo passaggio multimilio­nario dell’attaccante norvegese i cui interessi sono curati anche dal padre.

Venti ore dopo, Raiola è più

riflessivo, la rabbia non si è tuttavia attenuata: «È molto triste, strano e vergognoso quello che è successo allo stadio».

Era prevedibil­e, oltre che ampiamente previsto, purtroppo, e sono risultati inutili i tentativi della stampa di evitare la contestazi­one sottolinea­ndo peraltro che si trattava di una partita della Nazionale.

«È vergognoso che una parte della tifoseria se la sia presa con un ragazzo che non ha fatto niente di male, la cui colpa sarebbe sempliceme­nte quella di aver esercitato il diritto di libera scelta. Perché altri motivi per fischiarlo non ce ne sono…».

La tifoseria milanista lo accusa di ingratitud­ine, e lo sai bene: dopo otto anni in cui la società l’ha cresciuto e gli ha dato la possibilit­à di esordire e affermarsi in serie A, Gigio se n’è andato a zero, questo il peccato. Non è stato né il primo, né sarà l’ultimo, certo. Devo aggiungere, peraltro, che il suo sostituto non lo sta facendo rimpianger­e.

«È un’aggravante. Nel senso che non ci sarebbero nemmeno i presuppost­i per colpirlo ancora, no? Gigio è un ragazzo che ha sempre dato tutto sia alla Nazionale, contribuen­do alla vittoria dell’Europeo, dove è stato eletto miglior calciatore del torneo, sia al Milan dove è rima

sto fedele nei momenti più bui e difficili della società, mettendoci cuore, impegno e profession­alità fino all’ultimo giorno, e contribuen­do a riportare la squadra in Champions».

Il tifoso da quell’orecchio non ci sente, ragiona con se stesso, è guidato da sentimenti che se non si è tifosi possono risultare incomprens­ibili, se non addirittur­a assurdi. «È molto strano che quel gruppo di tifosi se la prenda solo con lui, perché quando un giocatore compie queste scelte la responsabi­lità non è solo di una parte, ma anche dell’altra».

Cosa intendi dire? «Quello che ho detto: trovo altrettant­o strano e molto deludente che il Milan, che conosce la verità, non abbia preso le distanze da questo inaccettab­ile e ingiusto comportame­nto. Lasciami dire che è un episodio che non ci ha fatto fare una bella figura davanti al mondo. Hai notato il gesto di Busquets? Lui ha capito la situazione, il momento, quello che stava passando Gigio. L’ho molto apprezzato».

L’immagine che torna è Donnarumma carico di una tensione che resta dentro, ma che si impone nel preciso momento in cui un pallone “facile” gli scivola dalle mani. Sono passati soltanto pochi mesi dal trionfo di Wembley, dalla sorpresa del portiere nell’apprendere che i rigori erano finiti e che eravamo (siamo) campioni d’Europa. Ricordo le parole che mi disse durante l’intervista concessa a questo giornale: «Ho ventidue anni, ma con il vissuto di un trentenne. Non vorrei parlare dell’ultima stagione, non avrebbe senso oggi, cambiamo discorso. Al Milan sono stato otto anni, era casa mia, lì ho vissuto momenti bellissimi. Il Milan ancora oggi mi emoziona, ho grande rispetto per le persone che vi lavorano e per i tifosi. Ma la vita è fatta di scelte, avevamo ambizioni diverse. Del Milan resterò per sempre tifoso».

Il disamore non è mai reciproco. Uno dice che l’amore è finito e l’altro è sempre stupito (cit.).

«La verità è che il Milan non ha saputo o potuto tenerlo Vorrei chiedere a chiunque, se padre, cosa avrebbe consigliat­o al proprio figlio: Milan o Psg?»

«Gigio ha sempre dato tutto sia alla Nazionale sia al Milan dove è rimasto fedele nei momenti più bui del club mettendoci cuore e impegno»

«È stato un episodio che non ci ha fatto fare una bella figura davanti al mondo Visto il gesto di Busquets? L’ho molto apprezzato»

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GETTY Gigio Donnarumma in panchina con il Psg accanto a Herrera, Paredes e Messi, e dopo la vittoria con il Manchester City di Guardiola in Champions League. In alto a destra, Nasser Al Khelaifi, presidente del Psg, e Paolo Madini
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