Gigio: «Avanti a testa alta»
Ha inghiottito, digerito e anche reagito. A 22 anni, con il vissuto di un trentenne, deve averne aggiunti un’altra decina in 90 minuti. Come tornare a casa, prendere un paio di schiaffoni e non poter accennare una smorfia o farsi scappare una lacrima. Era Gigio, il portiere che a Wembley ci aveva regalato un sogno e il titolo europeo, solo 4 gol presi su 9 rigori tra Spagna e Inghilterra (semifinale e finale), impresa forse da record e mai troppo celebrata. Trattato come il peggior nemico, a cui di solito si rende almeno l’onore. Se si sono sentiti soprattutto i fischi e hanno lasciato il segno nella prima mezz’ora, ancora più belli sono stati gli applausi, convinti, di mezzo stadio che si era schierato dalla sua parte e lo ha sottolineato con maggiore forza verso fine partita, quando aveva cambiato porta (finendo sotto la curva dell’Inter) e ritrovato tranquillità, opponendosi a Marcos Alonso, un’altra prodezza per evitare l’umiliazione. Era il portiere dell’Italia, uno dei nostri, e si stava consumando la ribellione all’odio. Lo ha accarezzato persino Sergio Busquets, monumento del Barcellona, quando lo ha visto in difficoltà. Lo sport, anche quando ci sono scelte professionali e ingaggi da milioni di euro, sa darci ogni volta lezioni di vita. Donnarumma, lunedì, si era augurato di ricevere altra accoglienza. Ieri ha glissato, come era naturale accadesse. Un post, sul profilo Instagram, pensando solo al senso calcistico della serata. «Non è andata come volevamo, ma ce l’abbiamo messa tutta. Lo spirito e l’impegno sono quelli che sempre ci accompagnano quando indossiamo i colori del nostro Paese. A testa alta verso i prossimi obiettivi».
Ha glissato sui fischi trasformati alla fine negli applausi di chi si è ribellato