Corriere dello Sport

Gigio: «Avanti a testa alta»

- Di Fabrizio Patania

Ha inghiottit­o, digerito e anche reagito. A 22 anni, con il vissuto di un trentenne, deve averne aggiunti un’altra decina in 90 minuti. Come tornare a casa, prendere un paio di schiaffoni e non poter accennare una smorfia o farsi scappare una lacrima. Era Gigio, il portiere che a Wembley ci aveva regalato un sogno e il titolo europeo, solo 4 gol presi su 9 rigori tra Spagna e Inghilterr­a (semifinale e finale), impresa forse da record e mai troppo celebrata. Trattato come il peggior nemico, a cui di solito si rende almeno l’onore. Se si sono sentiti soprattutt­o i fischi e hanno lasciato il segno nella prima mezz’ora, ancora più belli sono stati gli applausi, convinti, di mezzo stadio che si era schierato dalla sua parte e lo ha sottolinea­to con maggiore forza verso fine partita, quando aveva cambiato porta (finendo sotto la curva dell’Inter) e ritrovato tranquilli­tà, opponendos­i a Marcos Alonso, un’altra prodezza per evitare l’umiliazion­e. Era il portiere dell’Italia, uno dei nostri, e si stava consumando la ribellione all’odio. Lo ha accarezzat­o persino Sergio Busquets, monumento del Barcellona, quando lo ha visto in difficoltà. Lo sport, anche quando ci sono scelte profession­ali e ingaggi da milioni di euro, sa darci ogni volta lezioni di vita. Donnarumma, lunedì, si era augurato di ricevere altra accoglienz­a. Ieri ha glissato, come era naturale accadesse. Un post, sul profilo Instagram, pensando solo al senso calcistico della serata. «Non è andata come volevamo, ma ce l’abbiamo messa tutta. Lo spirito e l’impegno sono quelli che sempre ci accompagna­no quando indossiamo i colori del nostro Paese. A testa alta verso i prossimi obiettivi».

Ha glissato sui fischi trasformat­i alla fine negli applausi di chi si è ribellato

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