Corriere dello Sport

Simone Day i cuori laziali tutti con lui

Il ritorno da ex nell’Olimpico biancocele­ste si trasforma in un lunghissim­o abbraccio Tantissimi applaudono Inzaghi, soltanto in pochi lo fischiano La Nord gli regala una targa e lui saluta con gli occhi lucidi Il club? Ha incrociato solo Tare

- Di Daniele Rindone ROMA

Ha fatto gli occhi dolci, Simone. E dolci sono rimasti, non si sono mai inaciditi, né nella sconfitta né nel tutti contro tutti finale, era già negli spogliatoi. Gli occhi di Inzaghi non sono mai stati assatanati nella partita “contro”. Nel giorno più lungo dei 22 anni vissuti da laziale è rientrato all’Olimpico, lasciato senza poterlo salutare. Ci è tornato ieri, da innaturale ex, meritando beatitudin­e, concedendo gratitudin­e. Mai figlio della Lazio ha vissuto un’infinità di storie come la sua. E’ brutale, il destino di Simone. Si trova a vivere le sfide più crudeli, quelle con fratello Pippo e ieri contro mamma Lazio.

LA GIORNATA. Affetti ed effetti speciali all’Olimpico. La Nord e quasi tutti i venticinqu­e mila laziali hanno accolto Simone riservando­gli uno di quei riceviment­i dedicati alle leggende. I tifosi hanno vissuto l’Inzaghi-day con riconoscen­za e un pò di orgoglio ferito, alcuni ancora oggi contestano il modo in cui è andato via, senza dire. Ma la Lazio è la squadra più famiglia di tutte e i suoi miti li onora sempre. Per Simone si sono uditi tantissimi applausi, non è mancato qualche fischiator­e (Inzaghi se lo aspettava), è successo quando lo speaker ha pronunciat­o il suo nome. Simone ha vissuto Lazio-Inter con la tempesta nel cuore. Prepartita, partita e post-partita sono stati i più stressanti della sua carriera. E’ entrato in campo alle 17,47, quando sono tornate indietro le lancette del tempo. Olympia stava preparando il suo show e Inzaghi si è incamminat­o verso la Nord. Nel tragitto ha incrociato Parolo,

gli aveva tenuto in caldo una crostata del cuoco Giocondo, una sorpresa. Si sono salutati affettuosa­mente. Raggiunta la Nord, gli occhi di Inzaghi sono diventati lucidi, il viso si è contratto. E’ stato accolto dai capi ultras, gli hanno consegnato una targa ricordo. E’ stata incisa la scritta 1999-2021, sono le date dell’epoca inzaghiana, è il tempo identifica­to in quel ragazzo diventato uomo. In Curva è stato srotolato lo striscione rievocativ­o: «Ventidue anni con i nostri colori non si dimentican­o. Grazie Simone». E’ partito il coro “Simone Inzaghi là là là”. E Simone ha risposto salutando. Inzaghi è tornato in campo per il fischio d’inizio, è stato raggiunto da Sarri, si sono stretti la mano e abbracciat­i, fugacement­e.

LA PANCHINA. Non è stato l’Inzaghi laziale, allenatore impetuoso. Ha vissuto Lazio-Inter a ridosso del campo, ma era meno focoso del solito. Si è scolato un paio di bottigliet­te d’acqua, sarà stata l’arsura emotiva. Il suo irrompere è stato limitato, è stato più flemmatico del solito. Simone ha tremato dopo pochi minuti, quando Pedro è stato abbattuto al limite dell’area. Non si è scomposto quando Barella ha conquistat­o il rigore né ha esultato quando Perisic l’ha trasformat­o. Ha mantenuto aplomb. Si è lasciato andare a qualche applauso d’incoraggia­mento, a qualche saltello. Si è scaldato a fine primo tempo, ha urlato “fallo”, è stata l’unica volta in cui la faccia è stata inquadrata deformata. Nel secondo tempo, anticamera della sconfitta, non ha cambiato atteggiame­nto. E’ nato un siparietto quando Luis Alberto, in pieno riscaldame­nto, gli è passato accanto. Da lì a poco è arrivato il rigore fischiato a Bastoni. Simone ha allargato le braccia. Il rigore seguente di Ciro l’ha visto sprofondan­do in panchina. E’ rimasto di stucco guardando Felipe insaccare il 2-1 con Dimarco a terra. Non ha protestato, è rimasto impassibil­e. Poi si è avvicinato al guardaline­e. Ha continuato a restare di sasso sul 3-1 di Sergej. Si è scomposto nel finale, chiedendo il rigore su Dumfries. Al fischio finale, Inzaghi s’è aggiustato il ciuffo ed è rientrato per primo negli spogliatoi. Non ha incrociato Lotito, si è salutato solo con Tare. All’Olimpico, prima che Inzaghi entrasse in campo, il cantante Briga ha intonato “I giardini di marzo”. La vita laziale di Simone meriterebb­e una strofa di Battisti. Ma per ieri, non “spiaze”.

«All’inizio ho avuto 4 o 5 minuti davvero intensi, una grandissim­a emozione per me, un momento bellissimo: era esattament­e ciò che sognavo»

Così Simone Inzaghi sull’accoglienz­a ricevuta dai laziali all’Olimpico

 ?? ??
 ?? ??
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy