Corriere dello Sport

Mou ci crede «Roma, serve personalit­à»

L’allenatore portoghese chiede il massimo e non vede una Juve ridimensio­nata «Loro superiori ma dobbiamo avere il coraggio di fare la partita Sì, per me e Max conta il risultato Lo Stadium? Nessuno ricorda il trattament­o che ho ricevuto»

- Di Guido D’Ubaldo ROMA

Josè Mourinho va di fretta e si presenta in sala stampa con cinque minuti di anticipo. Preparato, sornione, capace di tenere lontane le tensioni di questa sfida, senza concedere vantaggi all’amico Max. Lo Special One ci tiene a sottolinea­re che non è una sfida tra lui e Allegri, ma è sicurament­e una partita diversa dalle altre. Non crede a una Juventus ridimensio­nata: «Una vittoria vale tre punti come una partita contro una squadra di metà classifica, ma a me piace giocare questo tipo di sfide. La Juve è una delle candidate allo scudetto, c'è differenza con noi, ma quando comincia la partita ci dobbiamo dimenticar­e tutto. Dobbiamo avere la personalit­à e il coraggio per fare la nostra partita e cercare di vincerla».

SIAMO DISTANTI. Le differenze ci sono e Mourinho non perde occasione per sottolinea­rle: «Una cosa è una squadra che gioca per vincere la Champions e un’altra è una che gioca per vincere la Conference League. Una cosa è una squadra che gioca per vincere 10 campionati di fila e un’altra è una squadra che ne vince 0 in 10 anni. Una cosa è una squadra che ha lavorato con Max 10 o 8 anni e un'altra cosa è una che ha lavorato con un allenatore arrivato da 3 mesi, una cosa è una rosa con 25 giocatori con esperienza internazio­nale e un’altra è una rosa con 13-14 buoni calciatori e poi ragazzi bravi. Max sa già con chi giochiamo noi, non sa solo se gioca Abraham, Shomurodov o Borja. Per noi è impossibil­e sapere chi giocherà per loro, anche se hanno fuori Dybala, Rabiot...hanno tante opzioni. Per noi è più difficile preparare la gara contro di loro. Noi prepariamo la partita per noi e per il nostro futuro, più che per l’ossessione per questa partita».

Non vuole infiammare la vigilia come era abituato a fare in passato, ma sa che stasera non sarà un’amichevole: «Mi aspetto la stessa accoglienz­a delle altre volte. La mia reazione l'ultima volta che ho giocato lì è stata criticata, ma la gente ha dimenticat­o i restanti novanta minuti dove c'è stato poco rispetto per me». Il precedente è del 4 novembre 2018, quando sulla panchina dello United tornò in Italia per sfidare la Juventus. Vinse per 2-1 ed esultò portando la mano verso l'orecchio nei confronti dei tifosi che per novanta minuti lo avevano fischiato.

Gli piace alimentare il dibattito sulla differenza tra allenatore risultatis­ta e allenatore giochista: «Io e Max possiamo appartener­e alla prima categoria, ma quelli che lo sono è perché hanno vinto, eppure sembra che sia una cosa negativa e non il contrario».

«Se non dovessimo vincere, vorrei che non fosse per demeriti nostri»

IL DIRETTORE DI GARA. Stasera arbitrerà Orsato e Mourinho vuole tendere la mano alla classe arbitrale: «Prima di ogni gara sono sempre felice dell'arbitro, non mi interessa la sua storia o i risultati avuti con lui. Mi fido di tutti, non mi interessa chi arbitra, in questo caso è un direttore di gara con grande esperienza. Qualche volta gli arbitri sbagliano e mi capita di dirlo dopo la partita».

Vuol vedere i progressi della sua Roma, su un campo dove la tradizione è negativa: «Se non dovessimo vincere vorrei che fosse per colpa della Juve, non nostra».

Infine lo spingono a tornare a pensare alla Premier, perchè i tifosi del Newscastle lo consideran­o l’allenatore ideale per ricostruir­e la squadra. Mourinho risponde con eleganza, da consumato primattore: «Ho avuto un feeling con quella squadra e quella città perché ho lavorato con una delle persone più importanti della storia del club. Ma io sono felice qui, sono felice del progetto dei Friedkin».

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