Insigne, la magia sparita ma il rigorista resta lui
Lorenzo contro il Torino ha sbagliato il terzo penalty in questo campionato: stavolta parato da Milinkovic
Dopo aver provato a metterla centrare, ed aver scoperto che Dragowski c’era arrivato con la mano di richiamo, nelle lunghe notti in cui invece di contar le pecore, prova ad addormentarsi pensando a come presentarsi sul dischetto, Lorenzo Insigne ha inserito nel copione il balzello alla Jorginho. Niente da fare e, come avrebbe suggerito Agata Christie, senza però buttarla sul «giallo», il terzo indizio - rivelato domenica con il Torino - sta come una prova: non va, maledizione, e la faccia appesantita e poi l’estro evaporato raccontano comunque il disagio che non sfocerà in psicodramma personale, perché spostando il lettino dal proprio spogliatoio e sistemandolo al cuore della discussione, Luciano Spalletti ha provveduto a fare Freud. «Il prossimo rigore lo calcerà Insigne, quello successivo toccherà a Lorenzo, poi ci penserà il capitano e a seguire lo affiderò al 24». Insomma, solo in presenza di «catastrofe», ci potrebbe finire una «delegittimazione» del rigorista che nella sua carriera ha avuto sino a qualche mese fa una media da «secchione», rovinata semplicemente di recente, da gennaio in poi, con quattro disavventure che pesano eccome sulle statistiche: nove errori su quarantuno tentativi (in carriera) sono l’incipit di una crisetta di identità che, lo racconta la storia stessa, sino a nove mesi fa non esisteva.
AHIA. Poi a Reggio Emilia, finale di Supercoppa, la prima crepa, quella psicologica, perché nella madre di tutte le partite, e con un trofeo che va a sbattere sui cartelloni pubblicitari, la verità rimane. E per rimarginarla, al debutto di campionato con il Venezia, ci sono vocinque minuti di lucida follia, quelli necessari per passare dallo scarabocchio in curva sul primo rigore, alla perfida e possente realizzazione del secondo, accompagnato da un gesto simbolicamente eloquente. Il carattere se non ce l’hai non te lo puoi inventare: Insigne si è presentato ancora agli undici metri di fronte a Dragowsky, proprio prima della sosta, ed è andato a sbattere sui guantoni del polacco, ma quello è stato un attimo perché a portargli via la delusione ci ha pensato poi Lozano, sulla ribattuta. Ma contro il Torino, è stata necessaria un’ora di gioco affinché se ne andasse via il rimorso per aver bruciato una vittoria. E prim’ancora che finisse, proprio mentre Milinkovic stava baciando il pallone, la domanda (ovviamente) già stava riempiendo il «Maradona». Spalletti l’ha strozzata sul nascere, prevenire è sempre meglio che curare, e semmai adesso le candidature saranno possibili solo ed esclusivamente nel caso in cui lo scugnizzo decida di fare un passo indietro, «un tiraggiro» con se stesso un po’ improbabile.
Ps: l’ultima circostanza in cui al Napoli è stato necessario affidarsi a rigoristi diversi, risale alla finale di Coppa Italia con la Juventus, a Roma, giugno 2020. Insigne segnò il primo, Politano il secondo, Maksimovic il terzo e Milik il quarto. Il vice sembra designato.
Spalletti però non ha nessuna intenzione di cambiare: «Tira sempre il capitano»