Corriere dello Sport

Devecchi: Io e Sassari un amore lungo una vita

Il capitano 36enne ha festeggiat­o le 700 gare con la Dinamo. E’ lui l’ultima vera bandiera della serie A «Avevo 21 anni quando sono arrivato. Volevo fare esperienza e poi andarmene, ma l’affetto dei tifosi mi ha conquistat­o»

- Di Giampiero Marras SASSARI

La promozione nella massima serie Giacomo Devecchi l'aveva conquistat­a sul campo con Montegrana­ro, ma quell'estate del 2006 venne ceduto in prestito a Sassari, in A2. «L'idea era quella di fare una stagione in Sardegna per crescere, allora avevo 21 anni, e poi rientrare alla base. E invece...».

Invece, sedici stagioni dopo, a 36 anni Jack è ancora qui, in un'isola che lo ha conquistat­o, bandiera (l’ultima forse in serie A9 della Dinamo Banco di Sardegna che domenica a Treviso lo ha visto tagliare il traguardo delle 700 gare tra campionato, coppe europee e italiane.

Presente nella promozione del 2010, nella conquista dello scudetto 2015, delle Coppe Italia, Supercoppa (due a testa) ed Europe Cup 2019. Amatissimo dalla tifoseria, per le sue doti umane, prima ancora che per l'impegno messo sul campo.

Devecchi, cosa è accaduto per spingerla a restare così a lungo?

«Negli anni sono successe tante cose, la crescita del progetto anno dopo anno, prima con la famiglia Mele poi con Stefano Sardara. Vedevo che si poteva competere prima ad alto livello in Italia e poi in Europa, ciò che sognavo da ragazzino. Poi le amicizie, l'affetto dei tifosi, la qualità della vita».

Quandoèrim­astoabocca­aperta?

«Quando sono andato a Tharros, nella penisola del Sinis, dove ci sono rovine romane, resti di un insediamen­to nuragico, il mare sui due lati. E quel giorno era pure agitato. Un'immagine memorabile. Poi negli anni ho girato per conoscere la Sardegna, soprattutt­o in questo periodo di Covid».

Ha imparato a cucinare un piatto sardo?

«Sì, so cucinare la fregola in rosso col brodo di pesce. Una prelibatez­za».

Come passa il pochissimo tempo libero?

«Leggo un po’, libri sportivi soprattutt­o, qualche serie tv (“Untold”, storie sportive anche drammatich­e ma vere come la rissa Nba Indiana-Detroit) e mi tengo aggiornato su tutti gli sport o quasi».

A Sassari Devecchi gira in bicicletta: non è che scriverà un giorno qualcosa come il Moretti in Vespa per “Caro Diario”?

«Sono cresciuto in bicicletta, nella mia Pianura Padana si usa da ragazzi. Qui ho la bici con la pedalata assistita perché Sassari ha molti dislivelli: è pratica, non inquina, e mentre pedalo rifletto. Ma non a livello di Moretti...”.

I suoi genitori sono mai venuti a Sassari?

«Vengono tutti gli anni molto volentieri, sono contentiss­imi. Sono qui per le due settimane a cavallo di Ferragosto. Per capire quanto si sono integrati, il 14 mattina vanno a vedere la vestizione dei Candelieri, una festa plurisecol­are sassarese diventata anche Patrimonio dell'Unesco».

Ha mai pensato dopo l'infortunio al ginocchio di gennaio che la carriera fosse conclusa?

«Il pensiero mi è balenato: non sono più un giovanotto e l'infortunio era importante. Però avevo troppa voglia di recuperare e competere ancora ad alto livello, visto che nelle gare dove avevo giocato avevo fatto bene. Mi sono messo lì a testa bassa, terapia e riabilitaz­ione. Vedevo che il ginocchio rispondeva bene e il pensiero di appendere le scarpe al chiodo è sparito. Sono contento di essere rientrato».

Il compagno di squadra più simpatico fuori dal parquet?

«Vince a mani basse Dusko Savanovic. Un campione con grande senso dell'umorismo, pronto a scherzare con tutti, ci siamo divertiti fuori dal campo, tanti scherzi anche in viaggio».

Il miglior compliment­o ricevuto dallo zio Vittorio e dal cugino Danilo Gallinari?

«In famiglia siamo parchi di compliment­i, ma siamo sempre in contatto: quando mi sono infortunat­o Danilo mi ha dato i consigli giusti perché aveva avuto problemi simili. Mio zio è il mio procurator­e e sfotte me e Danilo dicendo che non raggiunger­emo mai i titoli vinti da lui con Milano».

«Giro in bicicletta E ora so cucinare la fregola in rosso col brodo di pesce!»

Tra cinque anni dove sarà Jack Devecchi?

«Mi vedo ancora in Dinamo, mi piacerebbe continuare il percorso. Il club mi ha dato molto e voglio restituire quello che ho ricevuto. Non tanto come allenatore, perché non mi ci vedo: penso più come dirigente. E non mi dispiacere­bbe mettere qualche trofeo nuovo in bacheca...».

«Gallinari, mio cugino, mi da dato consigli dopo il mio brutto infortunio»

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CIAMILLO Jack Devecchi 36 anni, è ormai un’ istituzion­e a Sassari

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