Milan, chiamiamoli pure alibi
A Oporto Pioli e i suoi non hanno nascosto i propri limiti ma le attenuanti non mancano Un ottobre nero tra infortuni a catena, squalifiche ingiuste e errori arbitrali clamorosi: tutto ciò pesa
Èdocumentato, nel calcio come nella vita: gli alibi sono le scuse dei deboli. Paolo Maldini prima e Stefano Pioli poi hanno chiuso quel file nella notte deludente di Oporto per evitare che filtrassero spiegazioni accomodanti, amarezze legittime e “gne gne” diffusi. «Non è stata una serata da Milan» ha spiegato bene l’allenatore e ripetuto, con maggiore enfasi, il suo portavoce più autorevole, Zlatan Ibrahimovic. A microfoni accesi lo svedese ha aggiunto un giudizio tagliente: «E’ stata delle tre di Champions la peggiore prova ma è da queste serate che si possono cogliere utili insegnamenti». Nessuno dei due ha tirato in ballo -che pure per adesione alla realtà andrebbe fatta- quel mancato fischio dell’arbitro tedesco sul gol dell’1 a 0 di Diaz. La spiegazione è molto semplice anche se poco frequentata dai protagonisti del calcio italiano: il Porto ha meritato di vincere e ha giocato meglio, molto meglio del Milan. Perciò non deve sorprendere il rifiuto categorico di Pioli di chiamare in causa l’episodio clou della serata portoghese. Ancora più sorprendente è stata la sintonia perfetta, in questo senso, tra staff tecnico e gruppo squadra, segno che da mesi ormai hanno cominciato a ragionare con la stessa testa, con identico spirito.
Al ritorno in albergo, c’era un Milan mortificato perché avrebbero potuto e voluto regalare a Pioli un compleanno meno malinconico. Via gli alibi allora dalle analisi e dai ragionamenti ascoltati fino a notte inoltrata. Perché già in passato- dinanzi a molte e prestigiose assenze- il Milan è stato capace di imprese che hanno cementato il gruppo e reso celebre l’inseguimento al secondo posto della passata stagione. Ma i fatti sono fatti. In questo ottobre nero 2021, il Milan ha perso una striscia di protagonisti da sbattere la testa contro il muro lasciando per strada solo un pareggio, a Torino contro la Juve. Prima l’infortunio diabolico alla mano di Maignan, il portiere francese che aveva già cancellato dal cuore e dai ricordi dei tifosi, la sagoma di Donnarumma, poi i due tamponi “positivi” di Theo Hernandez e Diaz, quindi Kessiè squalificato in Champions per ingiusto doppio cartellino, nel frattempo Messias fermato da insulto muscolare mentre l’artiglieria pesante (Giroud e Ibra) rimessi in campo, sono ancora in evidente stato di smaltimento degli acciacchi traditi (infiammazione al tendine d’Achille e lombalgia) per tacere di Krunic e Bakayoko appena rimessi in sesto e quindi con ridotto smalto.
Gli alibi non devono entrare a Milanello ma non tener conto di questa contabilità sarebbe un insulto alla realtà e rappresenta un monito anche per cogliere la differenza tra Champions e campionato. In Europa non è possibile togliere il piede dall’acceleratore, in Italia invece ti puoi concedere anche qualche strappo alla regola stilistica e puntare magari sull’abilità di uno piuttosto che sulle risorse dell’ultimo recuperato alla causa (Castillejo). Dietro facce dispiaciute e propositi di immediato riscatto possono tornare utili anche le notizie di giornata: Rebic (il più in forma in attacco) probabilmente recuperato per Bologna, Theo atteso alla verifica del tampone del decimo giorno oggi. Sarebbero già due piccoli raggi di sole.
Maignan ko proprio quando stava conquistando tutti nel dopo-Gigio