Insigne: «Ma che bello aiutare a vincere così»
Il capitano protagonista della serata tra prodezze balistiche e assist
Quando il pallone sta per arrivare nella sua comfort zone, quella che sa scegliersi per regalarsi la felicità più travolgente, Lorenzo Insigne sa già cosa deve fare: lasciare che non ci siano dubbi, che non avverta il peso delle responsabilità, che senta il rischio e ci vada incontro, arcuando il corpo e sistemando il proprio talento al centro di uno stadio ch’è suo. Mentre Napoli-Legia Varsavia è una partita diabolica, nella quale le statistiche inducono a disperarsi perché non può essere vero che non sia capitato nulla, uno scugnizzo entra nella propria parte, afferra il carattere di cui dispone, sistema il collo-destro e lascia che con una sciabolata vadano via le streghe dal «Maradona» e diventi un’altra notte: «Ho fatto un gran gol». L’ha fatta grossa, a modo suo, sfilando via tra gli spifferi scomposti di quest’autunno nel quale ha scoperto le brume dell’anima: un rigore sbagliato a Firenze, un altro buttato via con il Torino, e i riflessi, inevitabili, su quella consistenza che con l’ennesimo capolavoro lo avvicinano sempre di più a Maradona e gli lasciando dentro una serenità composta. «Perché io sono contento per aver aiutato la squadra a vincere». Napoli-Legia è piena di Insigne, c’è lui nel gol, c’è nel raddoppio di Osimhen con l’assist, c’è nelle diavolerie di Spalletti che interviene a ritmo continuo e smonta ripetutamente quella squadra, trascinando il suo capitano ovunque, esterno o trequartista o sottopunta o dove voglia approdi quel geniaccio
Spalletti: «Abbiamo rischiato perché lo richiedeva il tipo di partita»
«Ho fatto davvero un gran gol! Sono felice. Adesso ricarichiamoci. Domenica dobbiamo essere pronti»
che adesso si gode il momento e pensa alla Roma: «Bisogna recuperare le energie, ne abbiamo spese tante, perché domenica c'è una gara importante a cui arrivare pronti».
INVENZIONI. Il resto l’ha fatto Spalletti, che come se avesse i mattoncini della Lego, ha trasformato la serata nella sublimazione d’un ruolo, quello dell’allenatore, che ricostruisce daccapo a partita in corso le strategie per uscire dagli equivoci: «Abbiamo rischiato perché lo chiedeva la partita, che non riuscivamo a sbloccare. E comunque siamo rimasti ordinati, siamo stati pazienti, abbiamo aspettato che le conclusioni ci dessero ragione. Sono felicissimo, perché migliorare quanto fatto contro il Legia è difficile: abbiamo dimostrato quanto conti per noi l’Europa League». E quanto Insigne, che lascia il contratto a bordo campo («io sono sereno, ne parlano il mio agente, Pisacane, e la società»), sia entrato nel suo calcio verticale: «Ha trovato la giocata vincete ma si è messo a disposizione nel momento in cui abbiamo cercato qualcosa di diverso. Così come sono stati bravi a sacrificarsi Elmas e Politano. Ho avuto risposte sempre appaganti per un allenatore, sulla disponibilità di chiunque a soffrire. E Osimhen, ad esempio, abituato a galoppare nelle praterie, viene ora incontro per buttarsi dentro». L’Europa League è lì, resta un obiettivo, non è affogata nelle tenebre di una serata a un certo punto inquietante, con tutte quelle palle-gol che parevano voler disegnare uno scenario dal quale Spalletti è scappato via: «C’è da passare il turno, noi ci puntiamo eccome. Abbiamo giocato da squadra, mostrando di essere un collettivo, un gruppo vero, che va a fare contrasti, a recuperare palloni. E questa è la testimonianza di cosa sia il Napoli».