Corriere dello Sport

Vale: Io, Jordan e le impennate

«Ho avuto la fortuna di aver trovato la mia strada Per noi “scalmanati” i social erano i motorini»

- Di Mirco Melloni

Dai motorini ai social, dalle impennate per strada a Instagram. Con la consueta efficacia Valentino Rossi ha sintetizza­to l’arco temporale nel quale è stato protagonis­ta del Motomondia­le, un’avventura vicina all’epilogo. L’aria da ultimo giorno di scuola è quella che si respira a Misano, per l’ultimo weekend italiano di Rossi in MotoGP. E se da un lato lui, nella conferenza stampa ufficiale, minimizza come se l’emozione toccasse più chi lo circonda («Alla fine l’approccio è come per tutti gli altri GP»), resta la storicità dell’appuntamen­to.

Il 2022 e la nuova vita sono alle porte: la compagna Francesca Sofia Novello gli darà presto una bambina («Il destino ha voluto che pochi giorni dopo l’annuncio del ritiro, lei mi abbia dato la notizia della gravidanza» ha detto a SkySport) e ci saranno le corse in auto. «Perché sarà bello rimanere pilota, anche se a un livello differente rispetto alle moto. Vorrei essere ricordato come un pilota che vi ha fatto divertire».

SOCIAL. La fine dell’avventura in MotoGP coincide con l’epilogo del principale capitolo di Valentino da pilota. «Ho avuto la fortuna di aver trovato la mia strada nella vita - ha proseguito - Sono cresciuto in un gruppo di ‘scalmanati’ con i motorini, i nostri social erano gli scooter, andare in strada a fare le impennate era il nostro Instagram» Un’era geologica fa: era il 1997 quando Rossi, allora 18 anni, vinceva il primo titolo.«Ed ero già famoso, gestire la popolarità all’inizio non fu semplice». Più facile fu gestire il mestiere di astro nascente del Motomondia­le: «Non serviva essere atleti veri e propri come oggi: io me la sono giocata con il talento fino al 2003».

COME MJ. Poi arrivò il trasferime­nto dalla Honda alla Yamaha, il salto nel buio che Valentino oggi ricorda come il momento chiave: «Anche se restando in HRC forse avrei tolto il record di gare vinte a Giacomo Agostini, ma è con la pazzia di andare in Yamaha che sono diventato così forte e popolare. La vittoria al debutto, a Welkom nel 2004, resta la mia preferita». Quel salto è stato merito anche dei rivali battuti per laurearsi campione del mondo: «Prima Capirossi, Biaggi, Gibernau, ed ero il giovane che voleva battere i grandi. Poi sono arrivati Pedrosa, Lorenzo e Stoner, ancora più forti, ed ero il campione che loro volevano fregare. In “The Last Dance”, Michael Jordan diceva spesso ‘a quel punto è diventata una questione personale’. Mi ci sono ritrovato, per me diventava una cosa personale, ma è così che miglioravi».

BRIVIO? SUZUKI. Nove titoli, 115 GP vinti, a un passo dai 200 podi, Valentino sta per fermarsi, senza rimpianti: «Se fossi ancora da podio, continuere­i. Mi aspettavo di essere più competitiv­o quest’anno, altrimenti mi sarei fermato un anno fa. Tecnicamen­te la mia moto non è il top, ma probabilme­nte nemmeno io sono al miglior livello». Il futuro di Rossi in MotoGP sarà da proprietar­io del

team in cui correranno il fratello Luca Marini e un altro dei suoi allievi della VR46 Riders Academy Marco Bezzecchi. Un team che non vedrà la presenza di Davide Brivio ma che manterrà Pablo Nieto al timone. «Parlo spesso con Davide, fu lui a convincerm­i a firmare con la Yamaha nel 2003 - ha detto Rossi - non abbiamo però discusso del suo futuro, che comunque non sarà nel nostro team, abbiamo altri progetti». Sempre più probabile il ritorno del manager brianzolo, oggi in Formula 1 con la Alpine, alla Suzuki, con cui vinse il titolo 2020 con Joan Mir: «Posso soltanto dire che se torna sarei felice» ha detto il maiorchino, con il sorriso di chi la sapeva lunga.

«Se avessi saputo di non essere più competitiv­o avrei smesso un anno fa»

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GETTY Valentino Rossi, 42 anni

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