Corriere dello Sport

«Ci godiamo questo primato ma ora c’è solo Nardò da battere»

Lotesorier­e, coach della OraSì Ravenna, chiarisce: «L'obiettivo resta però una salvezza tranquilla»

- Di Fabrizio Fabbri

Che ci fa un ingegnere industrial­e su una panchina di una squadra di basket? Guarda, dopo tre giornate, la classifica del Girone Rosso della A2 dall’alto. Lui è Alessandro Lotesorier­e, pugliese di Monopoli, che per ora ha fatto, con la sua Ravenna, percorso netto. «Ci godiamo il momento – dice il coach – e cerchiamo di preparare la partita di domenica contro Nardò nel migliore dei modi».

Sia sincero, si aspettava una partenza così?

«No, sarei un bugiardo a dire il contrario. Però i segnali che avevo percepito nelle due ultime settimane di lavoro erano più che buoni. Abbiamo inserito negli ingranaggi Sullivan, che si era unito a noi in ritardo e recuperato qualche giocatore acciaccato. Ma pensare di fare tre su tre con due derby vinti non era immaginabi­le».

Ed ora cosa succede? Cambiano gli obiettivi per Ravenna?

«Non scherziamo per favore. Nel mirino continuiam­o ad avere una salvezza tranquilla. È appena l’inizio della stagione. Intanto, dopo un’estate turbolenta dove era palpabile un po’ di disaffezio­ne del nostro presidente e dei tifosi, abbiamo soffiato sulla brace dell’entusiasmo riuscendo a riaccender­e un picco

lo fuoco. Ora starà a noi alimentarl­o a dovere».

Con che criterio ha costruito la sua squadra?

«Per il playmaker la scelta è andata su Tilghman che è un giocatore atipico per il suo ruolo. Avevamo l’esigenza, avendo Berdini e Denegri, di mettere più stazza

in quel ruolo e con lui abbiamo trovato il giocatore ideale, quello che può andare a sfruttare un mismatch a proprio favore giocando spalle a canestro. Sullivan invece ci ha colpito per la sua duttilità. Lui può tranquilla­mente dividere minuti con Gazzotti e Simioni».

Lei è del 1986. Un coach giovane per una squadra giovane. «Sì è vero anche se per alcuni miei giocatori è arrivato il momento di passare la barricata. I tre ragazzi del 1998, Oxilia, Denegri e Simioni, ora non hanno più alle spalle senior con cui dividere il minutaggio. Devono avere quindi un nuovo approccio e nuove responsabi­lità ed essere l’esempio per gente come Arnaldo (classe 2002) e Berdini (2003) a cui vista la carta d’identità sarà concesso di poter sbagliare per imparare, correggere e crescere».

Lei ha il basket nel sangue. Ma la laurea la tiene in cassaforte?

«Sono orgoglioso del mio percorso universita­rio, ma vi assicuro che è più complicato fare il coach che l’ingegnere industrial­e. La mia strada ora è questa, l’ho scelta e fortemente voluta. Giocavo ma proprio lo studio mi ha fatto saltare dall’altra parte della barricata. Prima con le giovanili a Monopoli poi la crescita fino a quando, da capo allenatore, non ho portato in Serie B il Mola. Fatale poi l’incontro con Antimo Martino. Mi ha portato a Ravenna come assistente e poi alla Fortitudo Bologna. Un mentore, certo, ma soprattutt­o un amico a cui devo molto».

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LNP FOTO/BASKET RAVENNA/ZANI Alessandro Simioni, 23 anni, centro di Ravenna

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