Simone il torto brucia
Non portate Simone Inzaghi nelle scuole calcio, almeno finché non gli sarà sbollita la rabbia per il modo in cui è maturata la sconfitta contro la Lazio. Brucia ancora molto, evidentemente, quel secondo gol di Felipe Anderson realizzato con l'interista Di Marco a terra. Un episodio controverso, perché l'Inter aveva continuato a giocare; altrettanto evidentemente non un episodio di cui andar fieri.
Ieri in conferenza stampa Inzaghi ci ha tenuto a far sapere che «da ora in avanti in qualsiasi modo un giocatore sarà in terra, noi continueremo a giocare e da quel momento solo l'arbitro potrà fermare il gioco». Potrebbe sembrare una presa d'atto di un articolo del regolamento che all'estero è chiaro da tempo. In questo caso, però, assume il sapore indigeribile della vendetta. È soprattutto il passaggio «in qualsiasi modo un giocatore sarà in terra» che stride con il concetto di fair play. Concetto che ormai è associato soltanto ai bilanci ma che invece è nato per sottolineare l'importanza della correttezza in campo.
Non è bello quel che ha detto Inzaghi. Perché stabilisce e comunica ufficialmente una posizione che prescinderà da qualsiasi situazione sul terreno di gioco. E che nasce da un torto subito. È una sorta di applicazione della legge del taglione. Non ci piace. Non può piacerci. Vinceremmo facilmente se portassimo ad esempio quel è accaduto a Eriksen agli ultimi Europei. Senza tirare in causa episodi limite come quello del calciatore danese, il comportamento in campo deve essere sempre improntato ai principi di responsabilità e rispetto dell'avversario. Oseremmo dire ai fondamenti dello sport, accompagnati dalla ragionevolezza.
Purtroppo, come spesso accade, è la consuetudine che fa la differenza. È il comportamento reiterato dei singoli individui. E in Italia abbiamo troppo spesso utilizzato una norma improntata al fair-play come un sotterfugio per fregare gli avversari. Per dimostrare che siamo più furbi degli altri. Invece di comunicare discutibili decisioni, gli allenatori potrebbero invitare i propri calciatori a evitare ridicole e diseducative sceneggiate quando si è in vantaggio. A comportarsi con l'obiettivo di migliorare la cultura sportiva del nostro calcio. Avrebbe potuto dire questo Simone Inzaghi. E aggiungere che, nonostante lo spiacevole episodio subito, la sua Inter non perderà mai la bussola della correttezza. Bussola che resterà sempre puntata su Bielsa e Di Canio. Non a caso dei loro gesti si parla anche dopo vent'anni.