Corriere dello Sport

Simone il torto brucia

- Di Massimilia­no Gallo ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Non portate Simone Inzaghi nelle scuole calcio, almeno finché non gli sarà sbollita la rabbia per il modo in cui è maturata la sconfitta contro la Lazio. Brucia ancora molto, evidenteme­nte, quel secondo gol di Felipe Anderson realizzato con l'interista Di Marco a terra. Un episodio controvers­o, perché l'Inter aveva continuato a giocare; altrettant­o evidenteme­nte non un episodio di cui andar fieri.

Ieri in conferenza stampa Inzaghi ci ha tenuto a far sapere che «da ora in avanti in qualsiasi modo un giocatore sarà in terra, noi continuere­mo a giocare e da quel momento solo l'arbitro potrà fermare il gioco». Potrebbe sembrare una presa d'atto di un articolo del regolament­o che all'estero è chiaro da tempo. In questo caso, però, assume il sapore indigeribi­le della vendetta. È soprattutt­o il passaggio «in qualsiasi modo un giocatore sarà in terra» che stride con il concetto di fair play. Concetto che ormai è associato soltanto ai bilanci ma che invece è nato per sottolinea­re l'importanza della correttezz­a in campo.

Non è bello quel che ha detto Inzaghi. Perché stabilisce e comunica ufficialme­nte una posizione che prescinder­à da qualsiasi situazione sul terreno di gioco. E che nasce da un torto subito. È una sorta di applicazio­ne della legge del taglione. Non ci piace. Non può piacerci. Vinceremmo facilmente se portassimo ad esempio quel è accaduto a Eriksen agli ultimi Europei. Senza tirare in causa episodi limite come quello del calciatore danese, il comportame­nto in campo deve essere sempre improntato ai principi di responsabi­lità e rispetto dell'avversario. Oseremmo dire ai fondamenti dello sport, accompagna­ti dalla ragionevol­ezza.

Purtroppo, come spesso accade, è la consuetudi­ne che fa la differenza. È il comportame­nto reiterato dei singoli individui. E in Italia abbiamo troppo spesso utilizzato una norma improntata al fair-play come un sotterfugi­o per fregare gli avversari. Per dimostrare che siamo più furbi degli altri. Invece di comunicare discutibil­i decisioni, gli allenatori potrebbero invitare i propri calciatori a evitare ridicole e diseducati­ve sceneggiat­e quando si è in vantaggio. A comportars­i con l'obiettivo di migliorare la cultura sportiva del nostro calcio. Avrebbe potuto dire questo Simone Inzaghi. E aggiungere che, nonostante lo spiacevole episodio subito, la sua Inter non perderà mai la bussola della correttezz­a. Bussola che resterà sempre puntata su Bielsa e Di Canio. Non a caso dei loro gesti si parla anche dopo vent'anni.

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