Lo scatto di Osi: già corre
Victor: Ringrazio di cuore il Napoli il professore che mi ha operato e chi ha avuto un pensiero per me Guardo avanti per fare grandi cose
Quanto manca? Nella testa, dev’esserci il ticchettio dell’orologio, e dinnanzi a sè - adesso, finalmente c’è quel verde abbagliante dell’erba, la luce dell’alba di questi nuovi giorni: il peggio è alle spalle, è nell’ombra d’una sera pallida e dolorosa, il 21 novembre, che va perdendosi, nonostante porti ancora in sè la sofferenza d’una domenica sbagliata. E mentre (ri)entra in campo, incurante del freddo e della pioggia, Victor Osimhen sente d’essere rinato in una nuova vita: «Ringrazio Dio e apprezzo sinceramente chi ha avuto un pensiero per me. Però adesso non ci si può soffermare sul passato, guardiamo avanti per fare grandi cose in futuro. Una menzione particolare va al professore Gianpaolo Tartaro e grazie a tutto il Napoli».
AHIA. Le sei placche e le diciotto viti, le tre ore e mezza d’intervento chirurgico, i tormenti e le sofferenze, svaniscono - improvvisamente - in una mattinata uggiosa eppure egualmente baciata da un sole che Osimhen pare avvertire dentro di sé, lasciandosi andare dolcemente nella Castel Volturno che torna ad essere sua a diciassette giorni dall’impatto fortuito con Skriniar, dalla «sentenza» dei medici, dalla diagnosi e poi dalla prognosi che l’aveva anestetizzato: «Fratture multiple e scomposte dell’orbita e dello zigomo sinistro, che richideranno tempi lunghi: tre mesi». Quando il dottor Raffaele Canonico e il professor Gianpaolo Tartaro l’hanno «liberato», Osimhen si è lasciato andare: ha intrapreso il suo lungo cammino e ha iniziato un percorso che adesso non ha date certe ma almeno ha un domani nel quale potersi specchiare. Correrà ancora contro il vento, ma con leggerezza, per lasciare che le fibre del proprio corpo non appassiscano; e se ne starà con lo sguardo dritto verso l‘ignoto, sapendo che però arriverà di nuovo il suo momento.
OTTIMISMO. La paura di quelle notti, le sedici o diciotto partite da saltare, rimane ancora una possibilità concreta: è appena cominciato una fase, la prima, che dovrà semplicemente scuotere i muscoli di atleta d’un ragazzo al quale il destino, in meno di un anno, non ha negato nulla. Ma il problema alla spalla è stato dimenticato, il Covid rimane incastrato tra i ricordi spiacevoli, la commozione cerebrale di Bergamo è divenuto un dettaglio e nella cassapanca, come calma e con prudenza, verrà infilata pure quest’altra disavventura, iniziata il 21 novembre, alla Scala del calcio, e da superare seguendo le indicazioni e anche un po’ la propria natura, che fa sperare Spalletti. «È chiaro che tutto dipenderà dalle sollecitazioni che il suo corpo riceverà. Vedremo poi in palestra quali saranno le reazioni ed in base a quello si riuscirà a capire. Noi siamo molto fiduciosi, perché Victor è uno che offre la propria disponibilità per anticipare il proprio rientro. Verrà fatto il possibile, ovviamente, ma sbilanciarsi adesso non si può e non ha neanche alcun senso». Però ci si può allenare, con modalità diverse (ovviamente) e seguendo tabelle e principi che terranno conto dell’incidente e dell’intervento, delle necessità di cui Osimhen avrà bisogno in questo bimestre che va scrutato con impazienza.
ALLO STADIO. E per (ri)cominciare ad annusare l’aria del «Maradona», per scuotere di nuovo i sensi, per sentirsi partecipe, Napoli-Leicester andrà seguita dalla tribuna: ci si potrà perdere nelle slide della memoria, riafferrare le prodezze di quel 2-2 dell’andata, riassaporare il doppio pallonetto che servì per riaprire la partita e poi lo stacco in cielo, con il terzo tempo, per pareggiare. Ecco, a San Siro aveva avuto più o meno la stessa idea, quando vide la palla spiovere dalle nuvole: andrò incontro al pallone e si scontrò con la nuca di Skriniar. Forse stavolta gli farà un po’ meno male ripensare a quei momenti e potrà bastargli pensare a quelli che verranno.