La stoccata di Pirro: «Masi non ha sbagliato, Horner e Wolff sì»
Il plurivincitore di Le Mans, che è spesso in giuria, spiega il caos del GP saudita «Già in Bahrain era stato offerto a Verstappen di evitare la penalità E senza scandalo. Ma i capi scuderia accendono troppo gli animi»
Emanuele Pirro, 59 anni di cui 45 vissuti nell’automobilismo e per l’automobilismo, poca Formula 1 ma tanta Le Mans, con cinque vittorie e nove podi nella mitica 24 Ore, quest’anno ha fatto parte della giuria di Formula 1 in occasione di diversi GP. Domenica a Jeddah non c’era, ma a pieno titolo può parlare di quel caos.
L’abbiamo ascoltato.
Sollevato dal fatto di non essere nel panel di Abu Dhabi?
«Sì e no. Professionalmente mi sarebbe piaciuto esserci, ma da appassionato è meglio godersela da casa. In sala Steward serve concentrazione e il GP non te lo gusti».
Come ha seguito il GP dell’Arabia Saudita?
«A casa, con ansia e curiosità. E’ stato molto eccitante, forse troppo, perché a un certo punto tutto si è accelerato in una serie di eventi articolati e complessi. Difficile da comprendere appieno per chi non è addetto ai lavori».
Quali sensazioni ha ricavato da quei momenti di caos?
«Si è andati oltre l’intensa ma sana rivalità sportiva. Ho avuto l’impressione che il motto fosse “vincere a qualsiasi costo”, con un’escalation di tensione. Molta responsabilità è dei team principal che, invece di gettare acqua sul fuoco, si sono affrontati verbosamente. Dovrebbero raffreddare gli animi e aiutare i piloti a non commettere sciocchezze potenzialmente pericolose».
Sconcertante il patteggiamento tra Masi e la Red Bull.
«Al direttore di gara sono state rimente volte critiche ingiuste. La prassi è piuttosto semplice: quando un pilota compie una manovra ritenuta irregolare, il direttore di gara può offrire al team la possibilità di restituire la posizione impropriamente acquisita. E’ successo proprio a Verstappen in Bahrain all’inizio della stagione, e senza scandalo. E’ chiaro che se la squadra rifiuta, il direttore segnala alla giuria, che poi quasi certasanziona. A Jeddah questa offerta è diventata una tempesta perfetta perché la gara è stata interrotta e lo scambio poteva solo essere fatto invertendo le posizioni in griglia, e poi perché le comunicazioni via radio sono state trasmesse in Tv».
Non sarebbe meglio avere un gruppo fisso di steward professionisti? «In passato un esperimento non ha funzionato: si finì per pensare a possibili favoritismi. Guardiamo alla giustizia sportiva od ordinaria: le leggi sono uguali per tutti, ma i giudici cambiano. Immaginiamo se nel calcio il miglior arbitro seguisse sempre la miglior squadra...»
L’ingresso di Netflix e la diffusione delle comunicazioni radio hanno accelerato la spettacolarizzazione.
«Netflix ha giovato alla Formula 1, specialmente negli Stati Uniti. Ha avvicinato lo spettatore dopo che, nel corso degli anni, c’era stato un allontanamento. Rendere pubblico, e in diretta, quello che succede dietro le quinte della direzione gara può essere però controproducente, se proposto parzialmente e non supportato da spiegazioni».
Jeddah con i suoi pericoli è una conseguenza della ricerca estrema dello show?
«Mi sono sempre piaciute le piste difficili e veloci, non amo i circuiti moderni dove chi sbaglia può rientrare in pista come se niente fosse. E poi è bene che i piloti abbiano una certa soggezione dei circuiti, perché la paura finisce per proteggerli. Il vero problema semmai è il modo di correre moderno, aggressivo e poco rispettoso».
«Le comunicazioni radio in diretta possono essere controproducenti»
«Verstappen si sta spingendo un po’ oltre i limiti del duello duro ma corretto»
C’è il rischio che Verstappen cerchi l’incidente ad Abu Dhabi?
«Non voglio crederci. Lui e Hamilton sono campioni e sanno quello che fanno: la tamponata di Jeddah si è innescata per un malinteso, nel tentativo di ognuno dei due di essere più furbo dell’altro. L’opportunità di trarre vantaggio da una collisione, però, sta spingendo Max un po’ oltre i confini del duello duro ma corretto».