«Conta molto la prevenzione i programmi funzionano»
Della Villa (Isokinetic): «Un infortunio tipico»
Francesco Della Villa, direttore del Centro Studi Isokinetic, cosa possiamo dire dell’infortunio di Federico Chiesa?
«La prima cosa è che il ragazzo ha ottime possibilità di recupero. Il tempo medio di ritorno in squadra per questo tipo di infortunio è di circa 6 mesi e mezzo, 192 giorni. Per un ritorno al match completo la media è di 8 mesi. Io penso sia giusto che il calciatore faccia un recupero completo, ben fatto. Il tempo si misurerà solamente dopo».
Ci parli della dinamica.
«Un infortunio piuttosto tipico per il calcio: prima un tackle diretto a livello del ginocchio, lì probabilmente c’è stato un primo episodio. Successivamente, abbiamo visto quella che è stata una conseguenza dell’instabilità a livello del ginocchio: in un cambio di direzione si vede un movimento anormale della tibia. Il pattern è abbastanza tipico».
Niente spareggi per i Mondiali? A marzo ci sarà la sfida contro la Macedonia.
«Le partite di qualificazione non le farà, questo è ovvio. Invece un recupero per i Mondiali è possibile. Anzi, è più che auspicabile. Ma tutto dipende da come recupererà e sarebbe un errore affrettare i tempi. Se sarà recuperato per novembre 2022, bene, tutti contenti. Ma è più importante la sua carriera, Chiesa è molto giovane».
Come avviene questo infortunio nei calciatori?
«Come Isokinetic abbiamo pubblicato il più grande studio di videoanalisi: 134 infortuni consecutivi di questo tipo e abbiamo visto che nell’88 per cento dei casi essi avvengono senza un contatto diretto con l’avversario, prevalentemente in azioni di tipo difensivo, con il
ginocchio che cade verso l’interno. La cosa interessante è che, contrariamente alla nostra ipotesi di partenza, avvengono nella maggior parte dei casi, cioè i due terzi, nei primi 45’ minuti di gioco».
L’età incide sul rischio?
«Il picco di lesione al crociato di tutta la popolazione avviene dopo il picco di crescita: a 1516 per le ragazze, 17-19 per i ragazzi. Per i calciatori conta l’esposizione. E se andiamo a vedere la prevalenza di chi ha subito questo infortunio, troviamo ultratrentenni perché ovviamente hanno avuto una esposizione maggiore, hanno fatto più partite. Più o meno, un 10% dei calciatori ha un infortunio al crociato».
Si gioca troppo? «L’infortunio di Chiesa non sembra dovuto a questo. Ovviamente, come abbiamo visto nei mesi scorsi con altre tipologie di stop, se aumenti l’esposizione vedrai più infortuni. C’è un delicato equilibrio da ottenere, che andrà ricercato nei prossimi anni. Serve maggiore attenzione alle performance sostenibili e alla prevenzione».
Ecco, quanto conta la prevenzione?
«I programmi di riduzione degli infortuni funzionano. E se applicati correttamente riducono del 50% gli infortuni al legamento crociato anteriore. La metà. Questa è un’evidenza chiara, assodata. C’è bisogno di scienza applicata, di conoscenza profonda. I programmi di prevenzione sono come il vaccino».