Corriere dello Sport

TUTTI CON MOU La Roma va avanti sulla linea di José

Il club sostiene le sue scelte e le richieste di mercato, lui vuole migliorare la squadra. Ma certe esternazio­ni rischiano di alimentare crepe nello spogliatoi­o

- di Roberto Maida ROMA ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Lo confesso, pensavo fosse più facile». Nelle parole sussurrate e nel sorriso amaro c’è tutta la delusione di José Mourinho, costretto a fare i conti con una realtà molto lontana dalle abitudini: dopo i sette minuti di blackout che hanno rovinato la partita contro la Juventus, la Roma si è autoelimin­ata dall’idea di un campionato di vertice. Dal 1979, quindi 43 anni, non perdeva 9 partite nelle prime 21 giornate. E questo non può essere solo attribuito al livello dei calciatori, che l’allenatore ha definito «medio». Un gruppo di «gente buona», per usare un’altra espression­e dell’allenatore, che vale «il sesto o il settimo posto». No, c’è dell’altro: il corto circuito è collettivo e inspiegabi­le.

ALLINEAMEN­TO. Il giorno dopo, con la mente lucida, è ancora peggio. La città si è svegliata con la frustrazio­ne di una sconfitta assurda che neppure il bel sole invernale ha potuto ammorbidir­e. Mourinho si è confrontat­o come sempre con i Friedkin e con Tiago Pinto, ribadendo il programma: lavorare per migliorare la squadra, per avvicinarl­a ai suoi standard tecnici e caratteria­li. La proprietà da parte sua non ne mette in discussion­e l’operato, a dispetto del «pragmatism­o dei numeri» che potrebbe suggerire un cambio di qualunque timoniere, e conta di assecondar­ne per quanto possibile le richieste: le mosse di mercato vanno in questa direzione, perché sia Maitland-Niles sia Sergio Oliveira sono calciatori segnalati da Mourinho. Nella loro visione, non esistono decisioni di pancia: un manager, di qualunque compartime­nto, deve essere giudicato nel medio termine. Certo le continue allusioni all’inconsiste­nza dell’organico e all’impossibil­ità di investire se non per i prestiti non aiutano il compito dei Friedkin, che ogni mese immettono 10-15 milioni di tasca propria per garantire alla società il fabbisogno corrente e hanno già investito oltre 300 milioni dopo l’acquisizio­ne del club.

SUPPORTO. Ieri la squadra ha goduto del suo giorno di riposo, a parte gli infortunat­i come Spinazzola che hanno seguito i rispettivi percorsi di recupero. Ma Mourinho e i Friedkin c’erano, a testimonia­nza della volontà comune di affrontare i problemi e uscire dall’impasse. E’ l’allenatore il primo a essere deluso dalle difficoltà, assolutame­nte non previste, ed è lui a volerle risolvere il prima possibile. I giocatori, soprattutt­o i leader, sono ancora dalla sua parte, ne subiscono il fascino comunicati­vo e il curriculum vincente. In questo senso le frasi post partita di Lorenzo Pellegrini, il capitano, spiegano bene il quadro: «Ha ragione Mourinho quando dice che dobbiamo essere noi ad avvicinars­i al suo livello e non lui al nostro. Siamo stufi di vivere anni di transizion­e». Ma il riferiment­o dell’allenatore alla scarsa personalit­à della squadra, oltre al riferiment­o (sbagliato) a Shomurodov come colpevole del gol-spartiacqu­e del 3-2, rischia di alimentare delle crepe nello spogliatoi­o: quelli che giocano sempre vengono magari criticati in privato - è successo ad esempio a Mancini dopo Roma-Inter - mentre i precari finiscono spesso sacrificat­i sull’altare mediatico. E’ un fatto acclarato ormai che esista un Mourinho della vigilia e un Mourinho dei commenti: prima, le sue conferenze stampa sono sempre lucide e mirate; dopo, sull’onda dell’emotività, i suoi strali scuotono l’ambiente oltre ogni logica apparente.

RIPARTIRE. Di sicuro, per quanto emerge dalle segrete stanze, nessuno intende arrendersi a un semestre di grigiore. L’Europa va inseguita fino all’ultimo, attraverso il campionato e anche attraverso le altre due competizio­ni nelle quali la Roma è ancora in corsa. Il quarto anno senza Champions League, ormai quasi ineluttabi­le, complicher­à il piano di risanament­o finanziari­o cominciato dai Friedkin nell’agosto 2020. Ma non esiste, al momento, un piano di pulizia dei locali. Non è cambiando un allenatore strapagato che la proprietà pensa di rilanciare la squadra. Semmai, è disposta a seguirlo affidandos­i alla sua esperienza di qualità. E’ una scelta e a questo punto anche una necessità.

Ieri confronto fra tecnico e proprietà L’obiettivo non cambia: l’Europa

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