Corriere dello Sport

Inghilterr­a e Italia divise anche dal Covid

- Di Roberto Beccantini ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il giornalist­a dovrebbe rispondere alle domande, non farle. Nel caso specifico, l’argomento è così tragico e complesso da giustifica­re un’eccezione. Riguarda l’ennesima ondata di Covid, la famigerata variante Omicròn che ci ha riportati al gelo e agli strazi del 2020. Non sono un virologo - né da tastiera, né da salotto - e per questo, proprio per questo, chiedo lumi alla scienza.

Tra green pass, tamponi e mascherine, in Inghilterr­a si gioca a stadi aperti (e pieni, spesso), in Spagna al 75%, in Francia con una base di 5.000, in Bundesliga a porte chiuse. Il Bayern, falcidiato, ha perso in casa 2-1 con il Borussia Mönchengla­dbach. Se è temerario isolare pagliuzze positive dai flagelli della trave pandemica, non resta che promuovere il ricorso ai giovani del vivaio, come, nell’indigenza, hanno fatto i bavaresi. Quei ragazzi che offriamo allo sfarzo delle copertine, salvo confinarli nelle pagine interne alla prima sconfitta o al primo accenno di mercato, secondo il protocollo di Adriano Galliani.

Ma veniamo al sodo. Sono delinquent­i gli inglesi, coraggiosi al limite dell’incoscienz­a, o siamo delinquent­i noi, venduti a Big Pharma e proni, dunque, alla politica del «terrorismo emotivo»? Il tutto, naturalmen­te, in ossequio alle statistich­e che, purgate delle versioni ballerine, evidenzian­o come e quanto il virus abbia ripreso a martellare. «A torto o a ragione, gli inglesi sono più decisionis­ti - spiega un medico di società che ha preferito l’anonimato noi siamo più legati al cavillo, al compromess­o. Più prudenti, forse. Senza però lo spirito di gruppo e la cabina di regia che agitano e guidano le loro scelte».

Ho sorriso leggendo la proposta di Urbano Cairo: imitiamo il modello inglese. Attenzione. Cito dalla «Gazzetta» del 7 gennaio: «E’ sempre il Board della Premier League a prendere la decisione finale sul rinvio o meno di una partita. In Inghilterr­a le autorità sanitarie non possono fermare le squadre». I consigli degli esperti sono sacri, ma l’ultima parola spetta al sinedrio «tecnico». Che, tradotto in gergo, sarebbe poi il Consiglio della Lega calcio: la cui reputazion­e, pessima, rimbalza dagli archivi. Basta consultarn­e i tomi. Sia chiaro: anche in Premier, soprattutt­o in Premier, sono stati bloccati fior di incontri, ma quando si gioca, si gioca. E con la gente. Follia allo stato puro? Cinismo spinto ai livelli più efferati? Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi: e di Asl. Delle nostre, in particolar­e: come insegna il fresco ingorgo di Napoli, l’una in guerra con le quarantene dell’altra. Infuria la «region» di stato.

Tocca al numero dei morti, dei contagi e dei ricoveri in terapia intensiva fissare dogane - e, quindi, differenze - che magari sfuggono all’occhio rapace dei tifosi: «quorum ego», a volte. Rimane il problema di fondo: chi è matto e chi no; chi, agendo in un certo modo, innalza lo sport a «vaccino» metaforico, o chi, viceversa, lo abbassa per condiziona­re i calendari alla riffa delle emergenze. Mettersi la mascherina, togliersi la maschera: gira e rigira, Inghilterr­a-Italia non finisce mai.

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Tanti tifosi, zero mascherine: è il calcio inglese

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